di Daniele Collina, redattore di Sogni&Bisogni
Fra le molte associazioni aderenti al CUFO di Bologna vi è anche FIADDA Bologna - AGFA APS (Associazione per i diritti delle Persone sorde e famiglie) che ha come obiettivo l’inclusione delle persone sorde nella società attraverso l’apprendimento della lingua parlata. L’Associazione fa parte a livello nazionale di FIADDA, che a sua volta fa parte di FISH, Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap.
Un evento in Regione sottotitolato
Con la presidente dell’associazione Luisa Mazzeo e la vicepresidente (sorda oralista) Alessandra Fantini abbiamo parlato del mondo che gira intorno a questa forma di disabilità. L’associazione FIADDA Bologna AGFA è nata come AGFA circa 40 anni fa a Bologna su iniziativa di Bruno Bugini. Bugini aveva due figli sordi e, dopo la chiusura degli istituti speciali (come il Gualandi di Bologna), è stato uno dei primi a sostenere l’inserimento dei ragazzi sordi nella scuola di tutti e la necessità di insegnare ai sordi a parlare, non usando la Lingua dei segni, per contrastare la tendenza alla ghettizzazione.
Luisa Mazzeo è entrata nell’associazione poco dopo la sua fondazione, quando sua figlia è diventata sorda a causa di una meningite. Non fu facile trovare chi poteva aiutarla, non c’era Internet, poi venne a conoscenza di AGFA a una riunione a Milano. Dopo aver fatto da segretaria/factotum a Bugini per molto tempo, da una decina di anni ha assunto la presidenza dell’associazione. Anche se confessa di essere stanca, Mazzeo va avanti con il suo lavoro dato che c’è ancora molta “ignoranza” nel campo della sordità.
“Purtroppo, quando si parla di una persona sorda e di come comunicare con lei, spesso si usa ancora il termine “sordomuto”, termine ormai abolito da diversi anni per legge, anche in documenti ufficiali – spiega Mazzeo -Tutti pensano alla Lingua dei segni senza avere in mente il fatto che i sordi possono imparare a parlare grazie all’utilizzo di protesi, un tempo analogiche e oggi digitali, o di impianti cocleari, oltre a una buona logopedia e a un grosso impegno personale. Finalmente, oggi, a furia di dirlo, si sta cominciando a parlare di sordi segnanti e sordi oralisti”.
Protesi e impianti
Alessandra Fantini racconta che c’è stata una grande evoluzione delle protesi, già presenti negli anni '70, partendo da quelle collegate a “grandi scatole” fino ad arrivare alle piccole protesi ad alta tecnologia. Con gli impianti cocleari, infine, si sono fatti grandi passi per le sordità profonde e gravi. Grazie a queste tecnologie qualsiasi sordo può imparare a parlare, e prima si interviene e meglio è. Luisa Mazzeo ricorda l’importanza dello screening neonatale da fare già al secondo giorno dalla nascita, per individuare una eventuale sordità, mettendo le prime protesi fino ad arrivare alla possibilità di fare l’impianto cocleare prima dell’anno di vita. “Come si sente con protesi o con impianto, detto da chi ha usato entrambi, è abbastanza diverso, con l’impianto si sente un suono più vicino alla realtà”, spiega la presidente di AGFA.
Alessandra racconta di non avere un buon equilibrio con le protesi: “In certi ambienti ho dei problemi con il rumore di fondo. Ad esempio, quando sono in macchina con il rumore del motore o in mensa devo affidarmi molto alla lettura labiale a causa del parlare contemporaneo di molte persone”. La scelta tra protesi o impianto dipende comunque dal grado di gravità e dalla conformazione dell’orecchio, inoltre si può arrivare a un punto in cui le protesi non sono più efficaci e bisogna passare per forza all’impianto. Si sta cominciando anche a parlare di impianti su persone over 80, che comunque devono almeno mettere la protesi visto che con la sordità e la conseguente perdita della capacità di comunicare il rischio di demenza senile aumenta.
“Paradossalmente oggi chi fa l’impianto è privilegiato rispetto a quelli che hanno le protesi dato che l’impianto è passato interamente dal servizio sanitario nazionale mentre per le protesi la legge prevede gare d’appalto, un sistema che va contro contro la personalizzazione della protesi che ha bisogno di un lungo lavoro di adattamento e mappatura al singolo orecchio”, dice Mazzeo. Non poter scegliere liberamente la ditta e l’audioprotesista (non tutte le protesi sono adatte ai singoli e, come è capitato ad Alessandra, ci si può trovare a dover cambiare fornitore) può essere un problema.
Attualmente solo una minima parte del costo delle protesi viene passato dal servizio sanitario, la differenza può essere anche di 6000-7000 euro, ed è previsto un cambio delle protesi soltanto ogni 5 anni. Alessandra fa però notare che per le protesi, di fatto un computer, “è un tempo molto lungo considerando l’utilizzo per tutta la giornata e la delicatissima manutenzione”. Inoltre spesso le protesi sono accompagnate da costosi accessori, più le pile (non sempre ci sono quelle ricaribili) da cambiare ogni 4-5 giorni con relativo costo mensile.
Oralisti e segnanti
FIADDA Bologna AGFA sostiene come metodologia di lavoro l’oralismo ma vi sono anche sordi segnanti, cioè che utilizzano come mezzo di comunicazione la Lingua dei segni (LIS). La scelta tra oralismo e LIS è fatta in genere dalla famiglia in base alle informazioni che riceve, dato che i bambini sono troppo piccoli per autodeterminarsi.
“I sordi segnanti si riconoscono come comunità a parte, minoranza linguistica, proprio per questo la parola sordi la scrivono con la S maiuscola mentre FIADDA AGFA preferisce usare il termine persona sorda con la s minuscola, perché si tratta di persone come tutti, che hanno una disabilità uditiva superabile con gli strumenti giusti. I segnanti tendono a trovarsi tra di loro e ritengono che solo tra persone sorde si possono sentire compresi e capiti", spiega Mazzeo.
Alessandra dice che per un periodo della sua vita ha provato a conoscere delle persone sorde che usano la Lingua dei segni ma si è sentita dire che le persone udenti non sono in grado di capire un sordo: “Questa cosa mi ha fatto un po’ paura e ho spiegato loro che secondo me il cuore non guarda se uno è sordo o no e la stessa cosa vale per qualsiasi tipo di disabilità”.
Anche alcuni segnanti imparano a parlare ma in pubblico si esprimono solo con i segni, arrivando al punto di far tradurre anche testi brevi nella Lingua dei segni. Luisa Mazzeo spiega che uno dei problemi dell’utilizzare preferibilmente la Lingua dei segni è la difficoltà che si può avere nello scrivere dato che la LIS ha una struttura diversa dalla lingua italiana parlata. “Questo può essere un problema soprattutto nel campo lavorativo”, dice.
Alla fine però a essere più discriminati sono gli oralisti perché “mentre un segnante si fa vedere e c’è una esplosione di attività nella Lingua dei segni, degli oralisti si tende a dimenticarsi, nonostante essi stiano diventando numericamente superiori”, aggiunge la presidente di AGFA.
La necessità della sottotitolazione
Anche per le persone sorde più brave a comprendere e a parlare ci sono barriere della comunicazione, ad esempio in luoghi come cinema, teatri, stazioni di treni o aeroporti, in cui senza i sottotitoli non riescono a capire cosa viene detto perché ostacolati, ad esempio, dai rumori di fondo o dalla lontananza.
Alessandra fa l’esempio di un semplice video sul cellulare senza sottotitoli che lei non era riuscita a capire, suscitando lo sbalordimento di chi glielo aveva mandato. La percezione sonora di un video è diversa dal parlare di persona. Sono sottigliezze che a volte la fanno apparire “strana” agli occhi degli udenti. “È un problema di conoscenza di cosa può o non può fare una protesi o un impianto”, dice.
FIADDA Bologna AGFA, nell’ambito del Coordinamento FIADDA Emilia Romagna che comprende anche le associazioni di Cesena e Ravenna, è impegnata da anni in progetti di sottotitolazione di video e in diretta. Attualmente sta portando avanti il Progetto ACCESs, Accessibilità Comunicazione Cultura E Sottotitoli per le persone sorde, finanziato dalla Regione Emilia-Romagna, con cui si propone di diffondere la sottotitolazione come buona prassi, di migliorare l’accessibilità nei musei, di offrire formazione nella scuola e anche ai giornalisti per insegnare loro i giusti termini da usare quando si parla di disabilità, in particolare di quella uditiva. Il primo evento che hanno sottotitolato è stato la messa del Papa allo stadio di Bologna.
L’associazione collabora da almeno dieci anni con il teatro dell’Argine di San Lazzaro di Savena, che ha messo i sovratitoli (qui si mettono in alto) in 3-4 spettacoli all’anno. “Per farlo è necessario che le compagnie teatrali siano disposte a darci il copione qualche giorno prima – spiega Mazzeo - dato che non si può fare in diretta ma bisogna predisporre tutto in anticipo e sincronizzarlo con lo spettacolo”.
Sempre in ambito teatrale si sta provando a mettere un impianto di induzione magnetica (già attivo all’Arena del Sole di Bologna) che si possa collegare con protesi e impianti delle persone sorde, ma a volte ci sono problemi di compatibilità tecnologica, perché le protesi, sempre più piccole, spesso non hanno più il T-coil, il necessario collegamento col campo magnetico. E d’altra parte i sistemi Bluetooth per ora sono legati alle diverse marche di protesi.
Nell’ottica dell’informazione sulla sordità, tutti gli anni l’associazione viene chiamata a fare presenza in corsi universitari sia a Bologna sia in corsi di specializzazione per insegnanti di sostegno anche di altre università per parlare di sordità, con la partecipazione di ragazzi e ragazze sorde come Alessandra per “dimostrare” che anche i sordi parlano.
Una piccola battaglia vinta, racconta Alessandra, è stata il fatto che in qualche occasione si comincia a vedere scritta la distinzione tra sordi oralisti e sordi segnanti. “Anche la Rai sta pensando di mettere, oltre al riquadro con la persona che fa i segni, la sottotitolazione in chiaro e non a domanda, per evidenziare a chi non lo sa che ci sono due modi per rendere accessibile la partecipazione alle persone sorde”.
Le barriere sensoriali e il COVID
Nelle Consulte sulla disabilità si parla molto dei Piani di eliminazione delle barriere architettoniche (PEBA), ma occorre ricordare che esistono anche quelle sensoriali che richiedono avvisi scritti e segnali luminosi di pericolo.
Durante il periodo COVID ci sono state molte difficolta, come spiega chiaramente Alessandra: “La mascherina impedisce la lettura labiale, e per me è importantissimo guardare in faccia la persona per capirne la mimica e avere quindi le informazioni per capire il contesto e lo stato emotivo del mio interlocutore. Non sempre riesco a sentire il tono della voce e a capire se la persona è arrabbiata o meno. Con la mascherina a volte le persone si mettono a urlare e questo mi fa agitare molto, non sempre se chiedo di abbassare la mascherina per sentire meglio lo fanno e in questi casi sono costretta a tirare fuori il block notes e scrivere invece di parlare. Anche le distanze da rispettare in farmacia e al supermercato sono state un problema. La mascherina ha reso la vita difficile perché ci ha creato difficoltà di comunicazione e ha aumentato molto la tensione”.
FIADDA ha cercato di diffondere l’uso delle mascherine trasparenti ma ci sono stati grossi problemi di omologazione, senza parlare dell'appannamento della parte trasparente. Si è comunque dovuto contare molto sulla sensibilità delle persone.
Un altro problema degli oralisti è che sentendoli parlare bene c’è la tendenza a dimenticare i loro problemi pensando “se parli vuol dire che senti”. Anche questa è una forma di discriminazione. “Portare protesi o un impianto non è come mettersi un occhiale e voilà tutto è risolto - aggiunge Mazzeo - Dietro c’è un lavoro con i tecnici e i logopedisti per ottenere un buon risultato sia nel parlare che nel sentire”.
“E comunque - dice Alessandra - a fronte di esami audiometrici quasi simili tra più persone sorde, non è detto che a parità di logopedia e di sussidi tecnologici, i risultati siano gli stessi. Influiscono altri fattori, come l’ambiente in cui si è cresciuti, la propria personalità e altro ancora. Tra il sentire con le orecchie e il capire con la mente c’è differenza; a prescindere dalla disabilità, l’elaborazione del messaggio non è sempre uguale per tutti”. Ad Alessandra è capitato molte volte di non sentire correttamente ciò che una persona le aveva detto e si è sentita rispondere “non hai capito”, a fronte di una percezione uditiva non sempre perfetta e si è trovata a calcolare le circostanze e i contesti per dare un senso alla percezione di ciò che sentiva. "Tra il sentire e il capire c’è molto lavoro per una persona che sente poco".
Imparare a esprimersi correttamente significa avvantaggiarsi rispetto alla disabilità uditiva "e se per farlo occorre molto sacrificio e conoscenza di tecnologie sul mercato, ne vale sempre la pena, perché il bisogno primario di ognuno è l'autonomia - conclude Alessandra - Autonomia che deve essere considerata non come un prodotto di mercato a carico della persona con disabilità e che deve essere tutelata dagli organi di controllo. È per questo motivo che risulta discriminante il discorso della convenzione Asl rispetto alla fornitura tramite appalti di protesi e impianti cocleari, essendo gli stessi finalizzati all’acquisizione dell’autonomia”.
Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi
...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...
Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo Pini, di Milano.
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