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Depressione

aggiornato al | Staff | COMPRENDERE I DISTURBI MENTALI

a cura di Davide Zanzot, medico in formazione specialistica - psichiatria

Che cos’è la depressione?
Quando si parla di umore si intende uno stato d’animo, una disposizione di spirito che affonda le radici nella complessa biologia del nostro cervello. L’umore incide fortemente sul funzionamento della persona, è in grado di indirizzare l’attenzione e sollecitare pensieri, ricordi, convinzioni e di modificare il comportamento della persona ed il suo modo di rapportarsi con gli altri e con il mondo.
Nel linguaggio comune “depressione” indica uno stato d’animo noto a molte persone, che si manifesta come una particolare forma di tristezza, di delusione e di disinteresse per le cose della vita, spesso associata, comprensibilmente, a circostanze esistenziali sfortunate, preoccupanti o dolorose. Quasi sempre si tratta di stati d’animo transitori, che prima o poi tutti abbiamo modo di sperimentare durante l’arco della vita. La modificazione dell’umore diventa di natura patologica quando è di durata o intensità eccessive, si manifesta senza alcuna causa o in maniera sproporzionata rispetto alla causa scatenante e assume caratteristiche (segni e sintomi) particolarmente gravi sul piano clinico, che necessitano di un trattamento. In tal caso si parla di episodio depressivo maggiore: il singolo episodio, in assenza di terapia, può durare da pochi mesi ad alcuni anni. Ecco quindi spiegata l’enorme differenza che esiste tra depressione come stato d’animo transitorio e depressione come malattia clinica che necessita di un trattamento.

Quali sono i sintomi della depressione?
I sintomi cardine della depressione maggiore sono l’incapacità a provare piacere o interesse e l’abbassamento del tono dell’umore che si accompagnano a tristezza, scoraggiamento, pessimismo, scarsa autostima e sensi di colpa. Questi aspetti possono essere più o meno marcati e caratterizzano il nucleo della depressione, cioè la difficoltà o l’ impossibilità a trovare motivazione, interesse e voglia nell’affrontare i vari aspetti della vita. La persona che soffre di questo disturbo percepisce chiaramente che non sente più la stessa spinta nella vita: studiare, lavorare, ma anche
vedere gli amici o andare in vacanza possono diventare un peso angosciante. Vi sono quindi marcata riduzione di vitalità ed energie. Può insorgere nella persona la convinzione che nulla potrà alleviare il suo stato d’animo di terribile sofferenza.
Nelle situazioni più gravi può esservi la sensazione che non valga più la pena vivere e possono manifestarsi intenzioni suicidarie.
I sintomi più comuni inerenti la sfera fisica sono anergia, astenia, inappetenza con perdita di peso, insonnia (specie al mattino), riduzione del desiderio sessuale, cefalea o dolori muscolari.
Molte persone riferiscono ansia, irritabilità, labilità emotiva e facilità al pianto; altri riportano di non riuscire più a piangere né più in generale a provare emozioni.
Possono esserci anche sintomi di tipo cognitivo come difficoltà a concentrarsi e a mantenere l’attenzione con incapacità ad assolvere anche alle più semplici funzioni della vita quotidiana. Le persone possono manifestare insicurezza nello svolgere attività che prima non costituivano un problema e procrastinare scelte, non riuscendo a decidere quale strada intraprendere.
Nel depresso è attiva la cosiddetta triade cognitiva di Beck, caratterizzata da un’immagine negativa di sé, da un’interpretazione negativa dell’esperienza e dalla visione negativa del futuro con anticipazione dell’insuccesso. Questo pone le basi per alcuni interventi psicoterapeutici volti a correggere le modalità di pensiero del paziente.

Perché ci si ammala di depressione?
La depressione maggiore unipolare ha una prevalenza nel corso della vita tra il 7 ed il 12% negli uomini e tra il 10-25% nelle donne ed è una delle principali cause di disabilità nel mondo. La depressione è in genere una malattia episodica ricorrente: gli episodi depressivi possono, come già detto, durare da pochi mesi ad alcuni anni e sono intervallati da periodi di relativo benessere. Chi manifesta un episodio depressivo ha quindi maggior probabilità rispetto alla popolazione generale di manifestarne altri in futuro, soprattutto se l’episodio non viene trattato adeguatamente. Per quanto riguarda i motivi di insorgenza della malattia, i principali sono i seguenti:
- la depressione può presentarsi senza una specifica causa apparente. Si parla in tal caso di depressione endogena (termine un po’ in disuso nell’attuale terminologia medica)
- può far parte del disturbo bipolare in cui si intervallano episodi depressivi ad episodi maniacali (in questo caso però si parla di depressione bipolare)
- può presentarsi nel contesto di altre malattie della sfera psichica come ad esempio la schizofrenia
- può essere dovuta ad alterazioni organiche del cervello o a malattie endocrinologiche (gli ormoni giocano un ruolo importantissimo nella
regolazione del tono dell’umore)
- può essere conseguenza di una tensione affettiva prolungata, quella che nel linguaggio comune viene definita ‘depressione da esaurimento’
- può essere legata (ed è il caso più frequente) a esperienze di vita dolorose o traumatizzanti
In occasione di un evento avverso della vita, fra i fattori facilitanti l’insorgenza di un episodio depressivo vi sono la mancanza di sostegno interpersonale e sociale, alcuni fattori legati alla personalità dell’individuo ed alle sue esperienze di vita particolarmente in età infantile. Esiste una vulnerabilità genetica (quindi ereditata) ed una vulnerabilità che si acquisisce durante l’infanzia. A ciò si associano fattori sociali, culturali e biologici (in particolar modo in molti casi di depressione c’è un’alterazione che riguarda la regolazione del cortisolo e del sistema nervoso vegetativo). L’insieme di queste caratteristiche rende l’individuo più o meno fragile predisponendolo o proteggendolo dalla depressione. Risulta quindi evidente da quanto esposto finora che la depressione è una sindrome biologica complessa.

Alcuni quadri particolari di depressione
- Depressione melanconica: si manifesta con incapacità totale a provare piacere (anedonia), insonnia, riduzione dell’appetito, riduzione dell’attività psicomotoria (il paziente appare rallentato, bloccato sia nel corpo che nella mente), sensi di colpa e umore profondamente depresso
- Depressione psicotica: si associa a delirio di rovina o di colpa o ad allucinazioni di natura uditiva (spesso voci che denigrano o accusano il paziente)
- Depressione atipica: in questo caso l’umore può modificarsi in fretta in seguito ad eventi esterni gratificanti. Si presenta inoltre con ipersonnia, iperfagia e a volte paralisi plumbea (sensazione di pesantezza estrema degli arti)
- Depressione catatonica: il paziente è immobilizzato nel terrore. Si manifesta con immobilità, assunzione di posture bizzarre, smorfie, o ripetizioni di movimenti stereotipati. E’ una forma rara ma molto grave che richiede trattamento immediato.
- Depressione post-partum: episodio depressivo che consegue al parto. Si manifesta nel 10-15% delle donne e va distinto dalla tristezza post-partum (cosiddetto baby blues) che può invece colpire fino all’85% delle donne. Alla base della depressione post-partum vi sono predisposizione genetica, alterazioni di natura ormonale e scarso sostegno sociale e coniugale oltre all’assunzione di responsabilità del ruolo di genitore.
- Distimia: si tratta di una forma attenuata ma cronica di depressione. Da un punto di vista clinico si manifesta con umore depresso per la maggior parte del giorno per la maggior parte dei giorni in un periodo di tempo di almeno due anni. I sintomi sono meno gravi rispetto a quelli dell’episodio depressivo maggiore, manca del tutto l’ideazione suicidaria e la persona può mantenere un buon funzionamento sociale e lavorativo. E’ comunque una condizione che rende necessario un intervento terapeutico.

La terapia farmacologica della depressione
Tutti i pazienti che manifestano sintomi depressivi vanno trattati con farmaci antidepressivi? La risposta a questa domanda è NO. Secondo le più recenti accreditate linee guida internazionali la terapia farmacologica va riservata ai casi di depressione di entità moderata o severa e alla distimia. Nei casi di depressione lieve sono maggiormente indicati altri interventi (psicoterapia individuale o di gruppo, gruppi di auto-aiuto, regolare esercizio fisico...).
I farmaci di prima scelta sono quelli appartenenti alla categoria degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (in inglese Selective Serotonin Re-uptake Inhibitors, SSRI). Chi assume questi farmaci deve essere consapevole che richiedono almeno un periodo di 2-3 settimane prima di fare effetto sui sintomi nucleari della depressione. I primi giorni di trattamento si possono manifestare disturbi gastrointestinali (nausea, vomito, flatulenza, diarrea) e in alcuni casi un peggioramento dell’ansia. La strategia per miniminzzare tali effetti collaterali è quella di partire con il dosaggio minore possibile e procedere con cautela ad un aumento del dosaggio in caso di non risposta. Se il paziente continua a non rispondere al farmaco dopo un mese di trattamento, è molto improbabile che si possa manifestare in futuro una risposta e in questi casi è indicato sospenderlo e tentare con una molecola diversa. Oltre agli effetti collaterali sovrammenzionati, questi farmaci possono nel lungo termine causare disturbi della sfera sessuale in una importante percentuale di pazienti: tali disturbi sono la causa principale per cui il paziente può decidere di interrompere il trattamento. Alcuni di questi farmaci hanno effetto leggermente sedativo, altri hanno effetto attivante: tali effetti però variano da persona a persona e sono difficilmente prevedibili in base al farmaco di riferimento. Un altro effetto collaterale abbastanza comune è un moderato aumento di peso, che tende a persistere nel tempo: questo effetto colpisce all’incirca un terzo dei pazienti in trattamento. I farmaci più noti di questa classe farmaceutica sono la fluoxetina, la paroxetina, la sertralina ed il citalopram.
Altri farmaci molto conosciuti per il trattamento della depressione sono i triciclici: tali farmaci, molto usati in passato, hanno un’efficacia paragonabile se non superiore ai moderni SSRI ma sono oggigiorno poco usati perché hanno molti effetti collaterali.
Sono riservati ai casi più gravi o resistenti al trattamento.
Altri farmaci comunemente usati per la terapia della depressione sono la venlafaxina, la duloxetina, la mirtazapina ed il bupropione. I primi due generalmente si utilizzano quando alla depressione si associa un’importante sintomatologia di tipo doloroso. La mirtazapina è particolarmente sedativa e può essere un’ottima scelta nelle depressioni associate a grave insonnia. Il bupropione è un farmaco fortemente attivante.
Mirtazapina e bupropione sono farmaci esenti da effetti avversi sulla sfera sessuale per cui chi sperimenta tali effetti in seguito all’uso di SSRI può passare con beneficio all’utilizzo di uno di questi farmaci.
Appare infine molto importante sottolineare come il trattamento della depressione debba necessariamente essere un trattamento di lunga durata. Chi inizia un trattamento farmacologico per la depressione deve essere consapevole che dovrà assumere il farmaco a lungo, anche quando si sentirà meglio. I farmaci andrebbero continuati per almeno 6-9 mesi dopo la risoluzione della sintomatologia. Spesso il paziente quando inizia a sentirsi bene interrompe autonomamente il trattamento ma questo lo espone ad un rischio maggiore di ricaduta. Nel caso della depressione, le ricadute tendono ad essere più gravi e più difficili da trattare.

Altri tipi di intervento non farmacologico
Nel trattamento di tutti i casi di depressione clinicamente significativi occorre fornire al paziente ed alla sua famiglia accurate informazioni sulla natura psichica della malattia e sul trattamento proposto. Si possono utilizzare specifici interventi di tipo psicologico come, ad esempio, la validazione dell’esperienza del paziente, l’attribuzione del ruolo di malato e l’inserimento dei sintomi nel contesto culturale e sociale in cui il paziente vive. E’ molto importante informare adeguatamente il paziente circa i possibili effetti collaterali dei farmaci e prendere sempre scelte condivise in caso di scarsa risposta alla terapia o presenza di effetti avversi che il paziente reputa intollerabili. L’alleanza terapeutica tra medico, paziente e familiari ottimizza l’aderenza al trattamento farmacologico e aumenta indirettamente l’efficacia dei farmaci.
Vi sono inoltre numerosi approcci psicoterapeutici dimostratisi efficaci nel trattamento della depressione. Le principali forme di psicoterapia che hanno una validità scientifica dimostrata per il trattamento della depressione sono:
- La psicoterapia interpersonale: è una forma breve di psicoterapia che si basa sulla ricerca degli eventi di vita stressanti che hanno scatenato l’episodio ed insegna al paziente specifiche strategie per analizzare i propri deficit in ambito relazionale, migliorare le proprie capacità di adattamento e affrontare i problemi della vita.
- La psicoterapia cognitiva: indicata in forme di depressione lieve o moderata, si basa sulla correzione delle distorsioni cognitive che spesso sono alla base della sintomatologia depressiva (vedi triade di Beck nel paragrafo precedente)
- Varie forme di psicoterapia ad impronta psicodinamica: entrano più nel merito delle aree vulnerabili del paziente anche attraverso un’analisi approfondita della personalità e del passato della persona.

Come il contesto può favorire il percorso verso una migliore qualità di vita
Il paziente non deve sentirsi colpevolizzato, considerato pigro o “fannullone” ma, al contrario, gli va fatto capire che la depressione è una malattia da cui si può guarire se si accetta la propria condizione e si decide di chiedere aiuto. Nella fase acuta non è utile stimolare eccessivamente il paziente consigliando l’impegno nelle attività usuali. Chi soffre di depressione deve essere incoraggiato in maniera graduale a riprendere le attività, una volta che i trattamenti abbiano iniziato ad avere effetto. Da questo punto di vista la depressione è come la polmonite: bisogna curarsi e riposarsi finché le forze non saranno tornate e non pensare di combatterla come un comportamento sbagliato sentendosi in colpa.
I trattamenti psicofarmacologici e psicoterapici richiedono tempo e continuità per essere pienamente efficaci. Il paziente depresso può pensare che le cure siano inefficaci e inutili: questo aspetto è coerente con lo stato d’animo generale in quanto lo stato d’animo restringe il campo di coscienza e condiziona fortemente il pensiero.
E’ quindi importante che le figure di riferimento del paziente lo supportino e lo aiutino, infondendo speranza e mostrando fiducia negli interventi terapeutici messi in atto. Il paziente che vive in un constesto familiare di questo tipo e che viene coinvolto attivamente nel processo di guarigione, ha più probabilità di rispondere ai farmaci o alle psicoterapie messe in atto per contrastare l’episodio depressivo.

Libri
Morosini, Piacentini, Leveni, McDonald &Michielin. La Depressione, che cosa è e come superarla. Manuale di psicoterapia cognitivo-comportamentale per chi soffre di depressione, per chi è a rischio di soffrirne e per suoi familiari. Edizioni Avverbi 2004.

Klerman, Weissman, Rounsaville& Chevron. Psicoterapia Interpersonale della Depressione. Bollati Boringhieri 1989.

Risorse internet
Linee guida del National Institute of ClinicalExcellence (NICE):
https://www.nice.org.uk/guidance/cg90
https://www.nice.org.uk/guidance/cg91
Sito di un’importante organizzazione inglese:
http://www.depressionalliance.org/
Sito italiano per familiari e amici di persone che si sono suicidate: http://www.soproxi.it/



 

Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi

La Terra Santa

...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...

Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo  Pini, di Milano.

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