di Maria Berri, redattrice di Sogni&Bisogni
Nella suggestiva cornice medievale di Palazzo D'Accursio a Bologna è stata allestita, nella sala D'Ercole, la mostra "Insoliti Percorsi", curata dal Collettivo Artisti Irregolari di Bologna e svoltasi dal 10 al 25 novembre scorso. La mostra è alla sua seconda edizione, la prima ha avuto luogo nello stesso Palazzo Comunale dal 19 al 31 ottobre 2018.
Quadro di Back L.
Noi di Sogni&Bisogni siamo andati a visitarla nell'ultimo giorno di apertura e siamo stati accolti da Concetta Pietrobattista, referente del progetto per l'Ausl di Bologna e coordinatrice del Collettivo, che ci ha accompagnato a esplorare l'universo degli artisti irregolari durante il disallestimento della mostra.
L'arte irregolare è un percorso culturale dedicato alla creatività differente e alla bellezza nascosta che hanno le persone con problematiche mentali e che fanno fatica a trovare spazio nei consueti canali espositivi.
Le origini del Collettivo
Tutto parte nel 2014 con la realizzazione di un murales su una parete nell'area Roncati, l'ex manicomio di Bologna in via Sant'Isaia, che ha dato visibilità a un gruppo di artisti.
Il progetto arte irregolare di Bologna è nato dalla collaborazione tra il nuovo Comitato il Nobel per i disabili onlus, voluto da Dario Fo e Franca Rame e coordinato da Jacopo Fo, e il Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze patologiche dell'Ausl di Bologna.
Successivamente tale gruppo di artisti si è reso autonomo per partecipare, ideare e progettare mostre ed eventi aperti al territorio con lo scopo di vendere le proprie opere, sensibilizzare la cittadinanza sui temi delle differenze e connettersi con altri soggetti che si occupano di arte irregolare.
"Quest'anno la mostra ha accolto le opere di 25 artisti che fanno attualmente parte del Collettivo, anche se due hanno interrotto la frequenza da tempo, e di sei artisti della cooperativa giapponese Soteria – spiega Pietrobattista - Con gli artisti nipponici si è creata, sin dal 2016, una collaborazione con scambi reciproci tra Bologna e Tokyo, in occasione di determinati eventi. Questi ultimi sono stati organizzati in sedi e luoghi non connotati, cioè non esclusivi per persone disagiate, come lo erano in passato".
La mostra "Insoliti Percorsi" è stata inaugurata nell'Aula Tassinari di Palazzo D'Accursio l'11 novembre e sono intervenuti il Direttore del Dsm-Dp Fabio Lucchi, la psichiatra Alessia Dragani e Roberto Boccalon, psicoterapeuta di Bologna e presidente della Association for Art and Psycology. L'evento si è concluso con le testimonianze di alcuni artisti, seguiti dai Centri di salute mentale di Bologna e provincia.
"All'inaugurazione io e alcuni artisti – afferma Pietrobattista - abbiamo fatto presente a Boccalon che il Collettivo, che fino a oggi ha dovuto usufruire di spazi all'interno del Roncati o della Casa di Tina, ha bisogno di un luogo totalmente adibito a laboratorio che possa essere utilizzato da tutti gli artisti irregolari, di qualsiasi fascia di età. L'obiettivo è creare un'intergrazione con il quartiere e con la città per fare un salto di qualità legato alla cittadinanza attiva".
"Nei giorni di apertura della mostra gli artisti irregolari sono stati impeccabili - prosegue Concetta - Insieme abbiamo fatto informazione; c'è stata visibilità e le firme dei visitatori sull'apposito registro lo attestano. Abbiamo, inoltre, ricavato una discreta cifra grazie a gadget come cartoline e segnalibri, distribuiti ai visitatori dietro un'offerta libera. In più, la mamma di un artista che ha fatto parte del Collettivo, purtroppo venuto a mancare, oltre a coprire i turni della guardiania, ha deciso di devolvere al Collettivo il ricavato della vendita del libro che ha scritto in memoria del figlio".
Le differenze con la scorsa edizione
Rispetto a quattro anni fa, la gestione e l'organizzazione della mostra sono state completamente a carico della Coordinatrice e del Collettivo che hanno anche svolto campagna di sensibilizzazione. In passato hanno potuto fruire dell'appoggio della cooperativa Eta Beta che ha pubblicizzato l'evento e raccolto adesioni tra famigliari, utenti e operatori. Quest'anno, invece, non hanno avuto l'opportunità di fare rete con altre organizzazioni.
"In questa edizione – racconta Concetta - la guardiania è stata autogestita dagli stessi artisti che si sono alternati in turni, perché fossero presenti almeno due persone nel corso della giornata, e c'è stato il sostegno di quattro familiari. In questo modo potevano interagire con i visitatori e dare loro tutte le informazioni possibili. In aggiunta ho fatto tradurre in inglese una breve storia del Collettivo poichè la mostra è stata visitata da molti stranieri". Come racconta Concetta Pietrobattista, la vendita dei quadri quest'anno è andata benissimo: ne sono stati venduti una quindicina. "Vedere che i propri quadri sono stati acquistati da un pubblico eterogeneo ha provocato nel Collettivo una grande soddisfazione".
Pietrobattista racconta che fare esperienze e partecipare a eventi in luoghi non connotati è positivo poichè si entra in contatto con un pubblico diverso, non costituito solo da addetti ai lavori. Tra l'altro in questa edizione, tranne qualche eccezione, non erano presenti operatori e psichiatri.
Concetta ci confida che a marzo 2023 andrà in pensione, ma farà in modo che la persona che subentrerà al suo posto verrà opportunamente preparata e aiutata nell'intraprendere quest'importante e impegnativo lavoro.
La parola alle emozioni nelle opere degli artisti irregolari
Le opere esposte sono state più di cento e, dopo la rimozione dei quadri, abbiamo avuto la possibilità di poter ammirare gli elaborati tramite una raccolta delle foto e di un filmato della mostra.
Dalla carrellata panoramica si possono notare richiami a stili pittorici che vanno dal metafisico, all'impressionismo, dal cubismo all'astrattismo fino alla street art. La pittura spontanea, naif, dai colori accessi e dai tratti ingenui, ma decisi, è presente in molti elaborati. I temi trattati sono stati vari: leit motiv è l'amore che è ricorrente nella sublimazione dell'universo femminile e che trova l'apoteosi nei soggetti della maternità. Altri lavori affrontano i tragici avvenimenti di quest'ultimo periodo storico, come la guerra, la pandemia e la crisi economica che ne è stata la conseguenza.
Durante la visita abbiamo incontrato quattro artisti irregolari alle prese con il disallestimento delle opere esposte.
Sono state diverse le proposte fatte dagli artisti per il titolo della mostra e la scelta è ricaduta su quella di Francesco Valgimigli. "Ho scelto questo titolo perchè si può associare agli artisti irregolari che vanno al di fuori del mondo normale, ma anche al fatto che tutti hanno insoliti percorsi perchè ogni persona è unica e il percorso di ognumo di noi è in qualche modo unico", spiega Valgimigli.
Francesco ci mostra un suo quadro in cui viene raffigurata una figura femminile vestita con un abito lungo fluttuante. La dama ha una borsetta e un ombrellino alla foggia di Mary Poppins e si staglia su un paesaggio evanescente su cui si poggia un grosso quadrupede mascherato che campeggia e sovrasta l'intero scenario. Francesco spiega che, rispetto ad altri lavori, in questo disegno non ha usato sfondi surreali, come i paesaggi con scale che s'inerpicano tra le nuvole, ma ha voluto essere meno complesso. Ha utilizzato come tecnica pittorica la matita colorata. Alla domanda su cosa prova quando dipinge, risponde: "Provo un senso di libertà e mi sento non sconfitto dalla vita".
Carlo Chiapparini, un altro artista che abbiamo intervistato, è uno scultore e nasce artisticamente negli anni '80, quando frequentava l'istituto di grafica pubblicitaria Silani. Successivamente negli anni 2000 ha frequentato il liceo artistico serale in cui ha avuto modo di coltivare le sue propensioni artistiche, adesso è iscritto all'Accademia delle Belle Arti di Bologna.
Nel 2014 ha incontrato il Collettivo e vi ha aderito convintamente. "Da allora non sono stato più ricoverato – racconta Carlo - e anche se penso che fare arte possa avere un valore terapeutico, la recovery è faticosa, pur se sta dando frutti positivi". Chiapparini ha realizzato per questa mostra due disegni a carboncino: uno raffigura una donna dall'atteggiamento languido, in una postura morbida e al contempo con il volto assorto, e l'altro tratteggia l'angelo o la dea della speranza. "La speranza è importante per stare al mondo, perchè se la perdiamo non abbiamo più slancio verso la vita e diamo spazio a sentimenti negativi come lo scetticismo, il pessimismo e facciamo subentrare in noi la cattiveria che non ci fa andare avanti", dice Chiapparini.
Chiapparini racconta di essere nato con la matita in mano e, dopo una parentesi in cui si è dedicato alla musica, ha pensato: "Giacchè mio padre lavora il marmo posso farlo anche io, ma se son capace di lavorare il marmo e tenere in mano una matita, perchè non utilizzare anche uno scalpello?". Da lì nasce il suo incontro con la scultura. Per lui creare sculture o dipingere significa sperare che il suo lavoro possa servire al prossimo, "ma soprattutto – afferma Carlo - mi serve per fare uscire il marcio che è dentro di me e sublimarlo. A volte faccio anche uno scavo interiore quando sono particolarmante provato, depresso o ansioso e mi viene in mente di fotografare la mia anima in quel momento. Questo mi riesce bene, al di là del fatto che persistono in me problemi relazionali con l'altro sesso". Purtroppo Chiapparini non ha potuto esporre le sue sculture nella mostra per la mancanza di supporti adeguati.
Durante la lavorazione delle sue opere racconta di sentirsi più o meno bene a seconda delle difficoltà che incontra. Ci confida che non ha sempre le idee chiare poichè un soggetto artistico prima di essere realizzato andrebbe capito e progettato, ma non è sempre possibile. "A volte - dice Carlo - le urgenze espressive spingono e metto giù quello che è dentro la mia anima".
Carlo Chiapparini aveva partecipato anche alla mostra di quattro anni fa con l'esposizione di alcune sculture, a differenza di quanto è avvenuto quest'anno. "È cambiata la mia modalità di approccio alla mostra – racconta Carlo - poiché quest'anno ho avuto modo di relazionarmi con la gente che veniva a visitarla, dal momento che ho fatto diversi turni di guardiania". Ha anche interagito con i suoi colleghi avendo partecipato all'attività di merchandising. Afferma di essere cresciuto artisticamente dal 2014 a oggi, infatti, in passato era più istintivo, oggi fa anche ricerca e studio prima di realizzare un'opera. "L'arte mi ha aiutato e ho subito una trasformazione professionale anche grazie alla frequentazione dell'Accademia", conclude Chiapparini.
Paolo Veronesi, nome d'arte Fly, è un altro artista poliedrico con il quale ci siamo interfacciati. Ha esposto nella mostra quattro disegni: uno sul tema del Covid, due con soggetti floreali e l'ultimo che rappresenta la stella polare.
Ci racconta che ha cominciato a dipingere nel '99 ed è un autodidatta: "Ho iniziato per caso, per sconfiggere la noia, e da allora non mi sono più fermato. Dipingo d'impulso, non progetto e la mia pittura è una valvola di sfogo e serve a rilassarmi".
Rispetto a quattro anni fa il suo stile pittorico ha subito dei cambiamenti, mentre in passato i soggetti erano rappresentati in maniera realistica, con il tempo si sono trasfigurati in forme astratte. Fly utilizza la tecnica della tempera e in un suo quadro imprime sulla tela pennellate poderose con vortici abissali. I colori sono molto caldi e passano attraverso la gamma variegata dei marroni, che simboleggiano la madre terra generatrice di vita. In un altro quadro i colori sono pastellati e viene rappresentato un ramage in una fusione di colori tra il giallo canarino, il verde erba che sfuma nel verde acqua, e un rosa pesca. Sicuramente un'opera di grande impatto e che suscita teneri sentimenti.
Andrea Giordani, l'ultimo artista incontrato, racconta: "Ho dipinto fin da piccolo ed è la mia grande passione". È entrato nel Collettivo otto anni fa e trova la sua fonte di ispirazione nei fatti reali tipo il covid, la guerra e la miseria. Ha portato in esposizione quattro opere e tra queste una su un tema molto sentito: l'amore e l'impegno che comporta: "Provo piacere quando dipingo, ma quando faccio le mostre un pò meno perchè preferisco creare". Andrea utilizza la china e il suo stile, pur essendo molto personale, a suo dire, si avvicina agli artisti della street art che dipingono i murales, solo che le sue opere hanno dimensioni ridotte.
Emblematico e di grande effetto il quadro in cui è disegnato il palmo della mano aperta sulle cui dita tese sono impresse le scritte: covid, guerra, affitto, bollette, spesa. I polpastrelli culminano con la rappresentazione di figure mostruose atte a simboleggiare le calamità e i problemi dei nostri giorni.
Visitare la mostra "Insoliti Percorsi" è stato arricchente dal punto di vista umano, ma anche stimolante grazie alle emozioni e alle riflessioni che ha suscitato in noi l'impatto con le opere degli artisti intervistati.
Uscire da Palazzo d'Accursio con il ricordo impresso nella mente dei momenti vissuti nella mostra è stato come attraversare un paesaggio tranquillo, un luogo dell'anima, uno spazio cui tornare con piacere ogni volta che un evento simile si ripeterà.
Osservare un quadro, fruire di ciò che viene rappresentato plasticamente da questa forma d'arte, significa anche condividere un'idea, un ideale, un'utopia, un sogno, un viaggio, una fantasia, una parte di mondo lontano o vicino.
Al seguente link un video della mostra: Filmato della mostra
Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi
...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...
Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo Pini, di Milano.
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