La nascita del consorzio risale al 2010 su iniziativa di alcune cooperative sociali che da diversi anni lavorano sul territorio di Bologna e Provincia come soggetto in grado di rispondere ai bisogni sociali, educativi e di sviluppo della collettività.
Il Consorzio comprende cooperative sociali “A” e “B” del territorio (Cooperativa Sociale Società Dolce, Società Cooperativa Open Group, Cooperativa Sociale Iris, Società Cooperativa Sociale Il Martin Pescatore, Cooperativa Sociale Arcobaleno, Cooperativa Sociale Asscoop, Cooperativa Sociale Piazza Grande).
Le sette cooperative, alcune fondatrici, che aderiscono al Consorzio Indaco hanno l'intento di unire professionalità, risorse tecniche, strutturali e progettuali, relativamente all'erogazione e alla progettazione di servizi nell'ambito del disagio e della Salute Mentale. L'impegno quotidiano ha l'obiettivo primario di rendere la situazione di difficoltà in opportunità, riattivando le abilità necessarie per il recupero dell'autonomia ed uno stile di vita il più possibile sereno e indipendente.
Il Consorzio Indaco è impegnato nell'ideazione e nella realizzazione di nuovi servizi, in collaborazione con le Istituzioni Pubbliche, le aziende, le fondazioni e i cittadini, per rispondere ai numerosi bisogni sociali emergenti.
La nostra mission è favorire lo sviluppo della Cooperazione Sociale nell'ambito dei servizi territoriali realizzati a supporto delle persone in stato di esclusione sociale, adulti e minori. In modo particolare il Consorzio promuove azioni rivolte all'inserimento e all'integrazione sociale e lavorativa dei pazienti psichiatrici, dei tossicodipendenti, dei detenuti ed ex detenuti e di tutte le persone emarginate o svantaggiate.
Per perseguire tale scopo il Consorzio Indaco sostiene e sviluppa in quest'ambito l'attività delle Cooperative socie, orientandola alla qualità, all'innovazione, alla competitività e all'efficienza, favorendo il rafforzamento e lo sviluppo economico e imprenditoriale delle imprese associate in servizi per l'accoglienza alloggiativa, servizi per l'integrazione e inclusione sociale dei pazienti psichiatrici e delle persone in stato di disagio.
Ci sentiamo impegnati a lavorare per la crescita di una comunità solidale e partecipata, capace di valorizzare le diversità e rispondere a nuovi bisogni. Vogliamo essere nel territorio interlocutori e punto di aggregazione per la comunità, le istituzioni e le imprese, realizzando insieme progetti educativi, di accoglienza e di inserimento lavorativo che promuovano responsabilità e cittadinanza attiva.
Benessere personale, l’abitare e il lavoro. Ecco i tre assi dei nostri interventi e come li intendiamo. Il benessere personale non può prescindere dalla qualità delle interazioni sociali e dalla relazione con l'altro. Le interazioni sociali, siano esse individuali o di partecipazione in contesti di gruppo formali/informali, richiedono il possesso e l'esercizio di abilità cognitive, di competenze per riconoscere e gestire l'emotività, il rispetto di regole di comportamento esplicite ed implicite.
La casa è indiscutibilmente un diritto fondamentale della persona, è il l luogo in cui abitare, e non solo vivere; è la differenza tra un luogo da attraversare ed un luogo nel quale potersi fermare. La casa è quel luogo che ci appartiene e al quale sentiamo di poter appartenere.
La casa va intesa anche come habitat ovvero la cura di ciascun individuo, l'attenzione al luogo e alle relazioni in cui egli vive.
Per quanto sembri superfluo ricordare come il lavoro sia riconosciuto come diritto universale ed inalienabile, l'emarginazione lavorativa delle persone con fragilità psichica è una realtà drammaticamente radicata. Gli strumenti in quest'area che permettono di lavorare a 360° sulla persona sono: il tirocinio inclusivo, il tirocinio “di orientamento e formazione” e l'accompagnamento al lavoro.
Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi
...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...
Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo Pini, di Milano.
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