a cura di Alberto Alberani, Responsabile Area welfare Legacoop Emilia Romagna. Vice Presidente Nazionale Legacoopsociali
Ringrazio la Redazione di Sogni e Bisogni per avermi coinvolto sulle riflessioni relative al Dopo di Noi, riflessioni che sono naturalmente condizionate dal lavoro che svolgo nella dimensione regionale per conto delle cooperative sociali aderenti a Legacoop.
Appena mi è arrivata la mail ho deciso di girarla alle cooperative sociali iscritte nella mia mailing list "Salute Mentale", perché per fare il lavoro di rappresentanza dispongo di dieci diverse mailing di vari settori che mi permettono di ricevere informazioni, consigli e suggerimenti. Con la consueta disponibilità le colleghe di vari territori e di varie cooperative che operano nell'ambito dei servizi di Salute Mentale mi hanno risposto che non avevano particolari progetti da segnalarmi legati al tema del Dopo di Noi. E qui è partita la prima riflessione che vorrei condividere.
Probabilmente il tema "Dopo di noi" è stato promosso in particolare dalle Associazioni di rappresentanza delle persone con disabilità che dopo l'approvazione e il finanziamento della legge hanno poi realizzato progetti principalmente rivolti a persone che si riferiscono ai servizi di neuropsichiatria infantile o ai servizi sociali rivolti a persone con disabilità. Questa legge ha quindi suscitato molto interesse nel mondo della disabilità (in particolare fra coloro che convivono con gravi problemi di disabilità) e solo parzialmente in quello della Salute Mentale.
E qui parte la seconda riflessione sul tema "Dopo di Noi e Salute Mentale", settore che dai tempi della riforma Basaglia ha promosso molte attività sulla vita indipendente attraverso percorsi di autonomia abitativa che si sono tradotti con la costruzione di gruppi appartamento o con supporti forniti dai servizi o dalle Associazioni. In poche parole è stato attivato molto prima dell'uscita della legge del "Dopo di Noi”. E' un po’ quello che sta avvenendo anche per il Budget di Salute che si è ormai consolidato (con luci e ombre) nell'ambito della Salute Mentale, affrontando il tema delle relazioni, del lavoro, dell'abitare e che sempre di più viene visto con interesse anche da chi opera nell'ambito della disabilità.
Il Dopo di Noi è quindi un tema che è da sempre presente perché è naturale che un familiare abbia il pensiero al "dopo" nella consapevolezza che riguardi tutti. Le grandi riforme di fine anni 70 sia con la chiusura degli Istituti rivolti a persone con disabilità sia degli Ospedali psichiatrici hanno determinato la necessità di inventare nuove risposte qualitative per accompagnare le persone che rischiano di vivere forti problematiche conseguenti alla perdita di un loro caro. La ricerca di risposte al Dopo di Noi era naturalmente un bisogno presente anche prima degli anni 70 ma purtroppo si arrendeva al ricovero in istituti cattolici, in risposte familiari quando c’erano le condizioni o nel peggior caso in ricovero negli ospedali psichiatrici, dove purtroppo finivano molte persone anche con lievi problemi di Salute Mentale che non trovavano risposte dopo la morte dei loro familiari. Diventa quindi una richiesta di servizi veri e propri dopo le lotte e le conquiste degli anni settanta.
A tal proposito condivido due ricordi di fine anni 70.
Il primo ricordo è legato ad uno dei primi servizi diurni di Bologna, “il centro medico sociale di Villa Martelli”, che frequentavo come volontario quando ancora studiavo alle superiori. Era un centro diurno gestito dalle istituzioni nelle persone di don Arrigo Chieregatti, Graziano Campani, Licia Govoni e Vanna Puviani, persone che voglio ricordare perché sull’onda delle riforme come dipendenti pubblici psicologi o pedagogisti, lasciarono il loro ambulatorio e aprirono un centro diurno direttamente con persone che erano state liberate dall’Ospedale psichiatrico di Via S. Isaia. Una parte delle persone pur di giovane età non aveva familiari e quindi erano stati inseriti in Ospedale Psichiatrico, poi sostituito dal gruppo appartamento Sant’Isaia e da altri gruppi appartamento che si aprirono in quegli anni e che di fatto diventarono la dimostrazione che un Dopo di Noi diverso dall’ospedale, dall’istituto o dalla famiglia poteva esistere. Fu l’apertura di questi nuovi servizi che aiutò le famiglie a richiedere servizi residenziali anche per persone con disabilità.
Il secondo ricordo è del 1981, quando ero obiettore di coscienza (prima di tutto si era obiettori contro la guerra e il servizio militare obbligatorio e poi si svolgeva il servizio civile…) e ricordo che come familiari, ospiti, educatori, obiettori, occupammo simbolicamente una villa abbandonata a Bologna, “Villa Tabellini”, per far emergere un tema che era ancora all'orizzonte e richiedeva una nuova attenzione politica. Desideravamo rendere pubblici i bisogni delle persone con disabilità di disporre di servizi residenziali di qualità quando la famiglia “non ce la faceva più”. Nostalgicamente devo ricordare che la politica era molto attenta a queste richieste ed ebbi la fortuna in quel contesto di conoscere l’Assessore Nino Lo Perfido che da politico-tecnico, naturalmente senza dircelo apertamente, ci faceva capire che stavamo facendo una cosa giusta e condivisibile. Tanto è vero che non fummo mai sgomberati dalla polizia (a parte ripetute incursioni) e dopo alcuni anni Villa Tabellini ottenne i finanziamenti e diventò uno dei primi centri residenziali gestito dall’Anffas. Grazie ad una forte Cooperazione, lotta comune fra persone che condividevano un progetto comune.
Sono ricordi del Dopo di Noi che mi piace condividere nella convinzione che in questi 40 anni abbiamo lottato molto ma abbiamo anche ottenuto molti risultati nella consapevolezza che non sono mai definitivamente acquisiti. E anche solo per mantenerli è necessario una vigilanza e una lotta continua. Quella lotta che ha determinato la legge del Dopo di Noi fatta di luci e ombre, ma che ha sicuramente offerto a molte comunità l’opportunità di sperimentare progetti innovativi.
La legge n.112/2016 “Dopo di Noi”, entrata in vigore il 25 giugno 2016, è stata una legge importante pensata in particolare per favorire il benessere e l’autonomia delle persone con disabilità grave, importante anche perché ha avuto una dotazione triennale di 90 milioni di euro per il 2016, 38,3 milioni per il 2017 e 56,1 milioni di euro dal 2018.
Anche la Regione Emilia Romagna recentemente ha confermato il finanziamento così come indicato nel sito https://www.regione.emilia-romagna.it/notizie/2020/dicembre/disabilita-assistenza-autonomia-abitazioni-condivise-come-alternativa-al-ricovero-nelle-strutture-per-il-fondo-dopo-di-noi-dalla-regione-oltre-4-milioni-di-euro
Così racconta l’ Assessore Elly Schlein che sta concretamente dimostrando una grande attenzione al tema:
"Oltre 4 milioni di euro destinati alle persone con disabilità grave e alle loro famiglie per poter pianificare il futuro, quando i genitori non ci saranno più o non riusciranno a prendersi cura dei figli. Li ripartisce sul territorio la Giunta regionale, che ha approvato nell’ultima seduta la programmazione degli interventi per il “Dopo di Noi” e la suddivisione dei contributi tra tutte le Aziende sanitarie, da Piacenza a Rimini, sulla base del numero di residenti tra 18 e 64 anni.
Le risorse provengono dal fondo nazionale per il “Dopo di Noi” e sono quelle assegnate all’Emilia-Romagna per l’anno 2019 per programmare interventi finalizzati all’emancipazione dal nucleo familiare, supporto all’assistenza domiciliare, miglioramento delle capacità di gestione della vita quotidiana. Nelle prossime settimane si renderà disponibile anche la quota del 2020 di 5,8 milioni di euro, il cui decreto di formalizzazione è in corso di approvazione.
L’intero pacchetto di risorse (4.162.620 euro) servirà in parte a finanziare interventi di accompagnamento all’uscita dal nucleo famigliare (un milione); interventi di sostegno alla permanenza nel proprio domicilio (un milione e seicentomila euro); soluzioni abitative alternative al ricovero nelle strutture (200mila euro, per oneri di acquisto di nuovi alloggi, ristrutturazione e messa a norma degli impianti in quelli preesistenti); rafforzamento dell’autonomia (1 milione 200mila euro); permanenza temporanea fuori dalla famiglia (162.620 euro).”
Tanti progetti quindi potranno realizzarsi con il fondo Dopo di Noi e tanti progetti si sono già realizzati e potranno diventare riferimenti futuri e, considerando il taglio che ho dato all’articolo inserendo anche ricordi personali, vorrei condividerne e raccontarne uno in particolare a cui ho partecipato alle origini nel 2008. Si tratta del progetto “La casa fra le nuvole” quello che oggi si potrebbe definire un “Dopo di Noi” o un co-housing situato nel Comune di Crespellano che così ha raccontato l’inaugurazione della casa.
E' nata a Crespellano di Valsamoggia la “Casa tra le nuvole”: progetto di sviluppo di autonomia abitativa e di vita indipendente di persone disabili voluto dall’Associazione Volhand, attiva sul territorio dal 1983. Volhand è formata da famiglie e amici di persone con disabilità psichica e l’obiettivo di questo progetto è stato di far nascere un luogo in cui i disabili potessero provare a vivere da soli senza la famiglia.
Per questo, la casa è pensata come una specie di “palestra” che sta tra la vita in famiglia e la vita indipendente, un processo di transizione graduale in cui avere a portata di mano tutto ciò di cui i ragazzi possono avere bisogno, a partire da educatori presenti nelle ore in cui la casa viene vissuta. La casa è in località Crespellano, in Via Pietro Nenni, su un’area concessa dall’amministrazione comunale in comodato d’uso gratuito per 30 anni, e ha beneficiato di un finanziamento regionale di oltre 400mila euro (pari quasi 50% dei costi complessivi della struttura).
Al piano terra trova spazio un appartamento per 6 persone. Ai piani superiori ci sono invece una sala polivalente per le attività e mini appartamenti, uno dei quali adibito a vera e propria “scuola delle autonomie” e per questo dotato di angolo cottura in cui gli ospiti impareranno gradualmente a vivere da soli. Nel complesso potranno essere ospitate nella “Casa tra le nuvole” 15 persone alla volta (con un’età minima che parte dai 18 anni) i cui ingressi avverranno in base a una valutazione dei servizi competenti. La casa, che non avrà alcun tipo di recinzione o confine definito, è vicina a tutti i servizi principali (trasporti e negozi) e si affaccia sul parco De André della municipalità di Crespellano. L’investimento sfiora il milione di euro.
Ho voluto ricordare la Casa fra le nuvole perché dopo molti anni continua ad esistere e a testimoniare che si può fare (nel sito http://www.ascinsieme.it/index.php/content/view/v8b6e45f9t/una-casa-fra-le-nuvole si può trovare un bel resoconto) realizzare un progetto frutto di una collaborazione fra un’attenta Amministrazione comunale, la Regione, un’Associazione di persone con disabilità e loro familiari, una cooperativa sociale (Opengroup), una cooperativa di costruzioni. Ma più che altro la Casa fra le nuvole esiste perché è il frutto di una idea di Cooperazione che si concretizza fra difficoltà, problemi ma anche passioni e divertimenti come le tombole alla Casa del popolo che oggi si chiamano Crowdfunding. Un’idea che naturalmente se non fosse stato per qualche straordinario caparbio familiare non sarebbe stata sufficiente.
Infine vorrei condividere una prospettiva dal mio osservatorio di cooperatore.
C’era una volta una città distrutta dai bombardamenti e c’era una volta una comunità che si rimboccò le maniche per ricostruirla. Quella comunità era attraversata dai principi e dai valori della Cooperazione: Partecipazione, mutualità, solidarietà, educazione, principi che furono il collante nel fare imprese cooperative di abitazione (oggi si chiamano cooperative di abitanti) che hanno permesso a migliaia di cittadini di disporre della casa in affitto o in proprietà. Le cooperative di abitazioni sono nate agli inizi del novecento insieme al movimento cooperativo e a metà degli anni 70 sono nate le cooperative sociali proprio mentre le cooperative di abitanti si trasformavano anche in relazione alle modifiche economiche e sociali del territorio. Durante il consolidamento della cooperazione sociale la cooperazione di abitanti ha subito pesantemente la crisi del 2008 che ha colpito tutta la filiera dell’abitare e in questo periodo sta vivendo una nuova primavera grazie ad un naturale ricambio generazionale (un altro dei principi cooperativi) molto attento alle nuove parole chiave come co-housing, housing sociale, ecc.
Probabilmente è giunto il tempo di ri-co-progettare insieme nuove risposte integrando la Cooperazione di abitanti, la Cooperazione sociale, le Associazioni, le Pubbliche Amministrazioni. La pandemia che ci ha colpito produrrà profondi cambiamenti economici e sociali.
Dopo l’attesa somministrazione dei vaccini dovremo probabilmente affrontare una crisi economica e sociale che determinerà l’emergere di nuovi bisogni che richiederanno risposte innovative. Probabilmente non tutto sarà negativo e ci saranno luci e ombre. Il fondo europeo “next generation” indebiterà pesantemente le future generazioni che potranno far fronte agli impegni solo se saranno in grado di amministrare bene le risorse e farle fruttare. In questo piano un capitolo è dedicato ai bisogni sociali e abitativi e quindi abbiamo di fronte una bella sfida che consiste nell’integrare insieme bisogni abitativi e bisogni sociali avendo probabilmente anche risorse economiche (a prestito) a disposizione.
Per vincere la sfida probabilmente saranno necessarie energie e competenze tecniche sia del settore abitare sia del settore sociale ma più che altro ritengo sia necessario fare accompagnare queste competenze da una passione e motivazione politica che può trovare nei valori e nella forma cooperativa quel collante e quell’energia per una ri-costruzione che generi la speranza e vorrei dire certezza che il “Dopo di Noi” sarà migliore.
Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi
...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...
Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo Pini, di Milano.
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