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“Incontri”, una psichiatra ricostruisce i suoi ricordi professionali

aggiornato al | Staff | ARTICOLI

di Federico Mascagni, redattore di Sogni&Bisogni

È un memoriale ricco di spunti quello che la dottoressa Maurizia Boschi, psichiatra per l’Ausl di Bologna poi per una cooperativa sociale, offre nel suo libro “Incontri”, da poco pubblicato per Bonomo Editore.

Boschi INCONTRI
Una raccolta di ricordi scritti dopo una lunga esperienza professionale ed esistenziale che ci conducono nella vita di una terapeuta rivelandoci le caratteristiche personali che tendiamo a dimenticare nella figura del medico, cioè l’umanità e i sentimenti.
Il libro della dottoressa Boschi sottolinea l’importanza del ricordo, come patrimonio sempre disponibile per conoscere noi stessi, per lenire le ferite o per individuare le circostanze che le hanno inferte. Ci suggerisce, insomma, di ricostruire e trascrivere i nostri eventi trascorsi per dare una forma alla nostra persona e per offrirle una via di sfogo purché sia narrata con onestà e oggettività.

Siamo un contenitore di esperienze che facciamo fin dalla nascita, che crescono attraverso il gioco infantile e il rapporto con i genitori e la famiglia; con i rapporti d’amicizia, fondamentali, con la bellezza dell’arte, della musica, della letteratura. Laddove queste esperienze manchino o siano difettose la nostra vita può di volta in volta guastarsi, arrestarsi, addirittura regredire.
Nelle parti in cui, generosamente, l’autrice racconta della sua infanzia riconosce il privilegio di essere nata in una famiglia amorevole che ha formato in lei quell’impulso empatico che l’ha fatta diventare una professionista della mente, il medico delle vite interrotte, delle emozioni difettose.

Maurizia Boschi non si pone però su un comodo piedistallo: nel libro ricorda come un medico possa essere anche caregiver di un proprio parente, vivere le angoscianti difficoltà che portano a doversi prendere cura, per amore e senso di responsabilità, del caro che insieme alla salute può perdere progressivamente anche la propria memoria, la propria identità, fino a diventare un essere fragile tornato a un grado zero dell’esistenza, fatta di funzioni biologiche imperfette e d’improvvisi ma deboli sprazzi di coscienza. Un percorso doloroso conosciuto da molti e che lo status di medico psichiatra non rende affatto più semplice e sopportabile.
Parte centrale del libro è quella dedicata alle difficoltà nei rapporti di coppia; l’amore, cercato come punto di equilibrio, che ha nella serenità il proprio obiettivo, viene rivelato in più racconti come percorso accidentato e fonte di aspettative spesso deluse talvolta responsabili di vertiginosi crolli emotivi e mentali.

Forse per una maggiore consuetudine dell’autrice con i casi al femminile i ritratti muliebri sono più presenti; l’uso dello stile epistolare, forma terapeutica e narrativa, offre ritratti dove passione, pazienza, rivendicazione e infine consapevolezza di cosa sia un rapporto sentimentale e cosa potersi aspettare da esso costruisce un percorso che riporta a quel contatto con la realtà, con l’oggettività, che è uno dei maggiori risultati che si possono ottenere in un percorso terapeutico.

I ricordi dell’infanzia dell’autrice ci ricordano come la società sia in continuo cambiamento, come ai giochi nel quadrato del cortile si siano sostituiti i videogiochi in rete nel chiuso della camera. L’obsolescenza programmata delle esperienze, l'invadenza dei media digitali, attraverso i quali corrono quelle emozioni e quei sentimenti che la generazione dell’autrice era abituata a esprimere direttamente, possono mettere in crisi anche il rapporto medico paziente.

Con grande franchezza la dottoressa Boschi ricorda come il contesto familiare debba essere basato sulla responsabilità: all’insegnamento di un corretto stile di vita va affiancata la coltivazione dei sentimenti. Le brevi e delicate biografie degli anonimi pazienti raccolte alla fine del libro rivelano come inevitabilmente i danni si compiono nell’età infantile, come l’analisi spesso si debba spingere fino a quel contesto educante o diseducativo, se non traumatico, che si chiama famiglia. Si sente sempre più il bisogno di un valore perduto come l’accoglienza, negata dall’uso del termine “buonismo”, la cui frequenza incessante ha sempre una connotazione negativa, derisoria, vanificando alla base ogni possibilità di rapporto con l’altro. Le parole possono essere armi letali.

Questo libro, secondo le parole dell’autrice, ha l’obiettivo “di offrire punti di vista e vissuti emotivi utili a conoscere e affrontare meglio il disagio psichico”; il confronto con la memoria altrui, nelle differenze e nelle identità, nel ritratto delle condizioni delle persone malate, dove il pronome personale è sempre in maiuscolo, si delinea con delicatezza, con brevi pennellate. Le ferite, i danni irreparabili (che si manifestino con l’incontinenza fisica o emotiva, con la solitudine o la regressione verbale e caratteriale) non possono cancellare l’appartenenza della persona alla nostra stessa comunità. Nell’incontro con essa troveremo anche nei recessi più nascosti la nostra immagine riflessa. Per questo dobbiamo a tutti riconoscere rispetto e dignità.




 

Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi

La Terra Santa

...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...

Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo  Pini, di Milano.

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