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La salute mentale incontra la città: intervista a Matteo Vignoli

aggiornato al | Staff | ARTICOLI

 di Federico Mascagni, redattore di Sogni&Bisogni

In occasione della Giornata mondiale della Salute Mentale, il 10 ottobre, sul territorio bolognese si terrà “Salute mentale come bene comune nella città metropolitana di Bologna”, un ciclo di 30 Tavoli di conversazione (https://site.unibo.it/gmsm2022/it/programma) pubblica sulla salute mentale promossi da Azienda USL di Bologna, Università di Bologna Alma Mater Studiorum e Città Metropolitana.

MatteoVignoli

Open Innovation: potrebbe essere questa pratica inventata una ventina d’anni fa a portare il mondo della Salute Mentale della zona metropolitana di Bologna a dare un’improvvisa sterzata e un’accelerata nella sensibilizzazione delle comunità locali.

Nasce nell’ambito delle discipline aziendali, delle teorie dell’organizzazione, e Matteo Vignoli, ricercatore presso il dipartimento di Scienze Aziendali dell'Unibo, è un promotore dell’Open Innovation anche nell’ambito del non profit. “Come dipartimento dell'Università di Bologna abbiamo già avuto a che fare con la Salute Mentale, in particolare con il Dipartimento di Salute Mentale di Modena e il progetto La Polveriera a Reggio Emilia”.

La parola chiave dell’Open Innovation è “collaborazione”. Solo entrando in contatto fra loro, confrontando le proprie necessità, le organizzazioni possono avviare un processo di cambiamento in tempi brevi.

Le organizzazioni tendono a essere autonome - spiega Vignoli - mentre aprirsi agli altri e collaborare è un approccio che porta risultati immediati”, anche se viviamo in una società in cui la richiesta di aiuto viene vissuta come segno di inadeguatezza. Questo forse è uno dei principali limiti dell’associazionismo, sempre generoso ma a volte impermeabile a ingressi esterni, cautela tipica dei gruppi uniti da legami forti.

Ora a queste organizzazioni, e a tutto il mondo complesso della Salute Mentale, che comprende le cooperative socio-sanitarie e le istituzioni, viene richiesto di aprirsi con fiducia nei confronti della cittadinanza che, a torto, ha sempre guardato con timore al mondo della Salute Mentale. L’impressione, insomma, è che sia necessario sanare un rapporto inquinato dallo stigma attraverso un contatto sistematico e diretto con il territorio, con incontri basati sul confronto. Da qui i progetti del Recovery College, di cui abbiamo già scritto in passato, e dei Caffè Randomizzati, che nei giorni immediatamente precedenti e successivi alla giornata mondiale della Salute Mentale costelleranno l’area metropolitana di Bologna di incontri, eventi, confronti in luoghi pubblici o aperti per l’occasione (i tavoli di conversazione).

Dalla diversità si crea valore e se il confronto presenta differenze e si trova un terreno comune si può pervenire a grandi novità”. Solo l’apertura alle diversità e una propensione alla mediazione può portare a risultati. È perciò una questione di predisposizione e di abbandono di pregiudizi o forti propensioni identitarie da parte di tutti gli attori coinvolti, che siano istituzionali, della cooperazione, dell’associazionismo.

Ma come nasce questo esperimento, che debutterà in questi giorni a Bologna? “A Brescia, dove lavorava prima del suo arrivo all’AUSL di Bologna, il dottor Lucchi (ora direttore del Dipartimento di Salute Mentale - Dipendenze Patologiche del capoluogo emiliano-romagnolo) aveva coinvolto il politecnico di Milano per un aiuto metodologico nel creare reti collaborative sul territorio. Appena arrivato a Bologna ha chiesto all’ateneo milanese chi contattare per proseguire l’esperienza sul territorio”. Da Milano segnalano l’esperienza condotto dal dottor Matteo Vignoli e inizia il percorso che dalla primavera scorsa sta aiutando il complesso mondo della Salute Mentale a creare nuovi e solidi legami.

La prima parola chiave è interesse: per attivare una comunità ci deve essere un interesse da parte di chi compone quella comunità. La seconda parola chiave è scoprire. In queste pratiche tendenzialmente le persone vengono portate a scoprire cose che non conoscevano su coloro con cui si relazionano. Il resto è confronto, utile a costruire un dialogo basato sui bisogni. Da tutto questo possono nascere proposte di soluzioni”. Matteo Vignoli riassume l’esperienza degli incontri fin qui svolti fra le molte realtà della Salute Mentale dell’area metropolitana bolognese che hanno accettato l’invito ricordando che dopo una prima fase di presentazione della propria identità si sono individuate le esigenze e le interpretazioni della situazione.

Si tratta della costruzione di spazi di possibilità - spiega Vignoli - Cosa potremmo fare assieme, quali sono i percorsi che vediamo possibili. La transizione dall’io al noi: in questa transizione c’è tutto il potenziale trasformativo di queste metodologie”. Trasformazione che può avvenire solo con pazienza, costanza e cura. “Non è un processo veloce ed efficiente ma efficace e costruttivo. Con il direttore Lucchi non avevamo inizialmente altro obiettivo che creare un gruppo di confronto”.

La costruzione dello spazio di possibilità dei gruppi facilita e struttura piuttosto che dirigere e produrre. Gli obiettivi si costruiscono via via. “Il dottor Lucchi ha avuto la curiosità di capire se il gruppo che s’era creato voleva diventare operativo e la giornata della Salute Mentale era l’occasione più simbolica e significativa per metterlo alla prova. Questo gruppo potrebbe dire qualcosa alla città in modo efficace”.

Di là dall’aspetto della comunicazione diretta sul tema che questi appuntamenti dei Caffè Randomizzati avranno nel territorio metropolitano, l’obiettivo implicito è quello di presentare alla città le realtà che compongono questo complesso reticolato di realtà della Salute Mentale.

L’originalità dell’iniziativa è la ricchezza di questa “costellazione” di incontri sul territorio, nelle piazze e nei locali pubblici, nelle sedi delle associazioni e delle cooperative, nelle sale istituzionali. “La rete continuerà a incontrarsi - anticipa il dottor Vignoli - ma i gruppi devono nutristi di azioni, di obiettivi da stabilire volta per volta assieme. Avviamo un discorso, vediamo dove ci porta e cerchiamo persone che abbiano voglia di coinvolgersi in uno spazio che comprenda istituzioni e cittadinanza attiva, che possa portare valore alla città. Io sono fiducioso che questa progettualità si mantenga viva nel tempo e venga nutrita attraverso questo primo passo, cioè il consolidamento di questo gruppo e portarlo a sfide sempre più ampie”.

La conversazione con Matteo Vignoli pare essere arrivata a conclusione, in quella fase finale in cui si scambiano alcune veloci riflessioni sull’esperienza, sui risultati ottenuti. Prima di alzarci dal tavolo del suo ufficio riconosco come questo meccanismo complesso congegnato dalla direzione del DSM-DP dell’AUSL di Bologna e da ALMALABOR dell’UNIBO abbia dato i suoi frutti. Ma Vignoli mi corregge: “In realtà non c’è stato un metodo di riferimento specifico. Sui libri e sugli articoli si possono trovare molte ispirazioni. Ma per ottenere un solido risultato bisogna trovare un approccio basato sul contesto. Il metodo, insomma, è stato creato per questo specifico gruppo e ciò lo rende unico. Ogni contesto deve trovare il suo modo di agire. E questo gruppo metropolitano della Salute Mentale è ricchissimo di valori, di esperienze e di capacità di ascolto. A volte ti trovi davanti a gruppi con difficoltà di comunicazione”.

Invece per questo gruppo la sensazione, racconta Vignoli, è che abbia l’energia per raggiungere molti obiettivi perché ciascun componente si è dovuto confrontare con le aspre difficoltà della Salute Mentale. “Se mettiamo a sistema questa rete e raggiungiamo più persone il progetto potrà rafforzarsi - conclude Matteo Vignoli - Bisogna creare una condizione di apertura e fiducia per dare spazio e voce a chi chiede di partecipare perché attraverso questa apertura alla cittadinanza e il suo coinvolgimento diretto sarà possibile andare verso un cambiamento importante”.




 

Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi

La Terra Santa

...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...

Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo  Pini, di Milano.

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