di Maria Berri, redattrice di Sogni&Bisogni
La strada è una delle metafore della vita, come suggerisce l'editorialista Fabio Tolomelli nel numero di febbraio della rivista Il Nuovo Faro. Nel simbolismo del termine ognuno di noi trova lo spunto per riflettere sul percorso della propria esistenza.
Il tragitto può presentare ostacoli accidentali o procurati dal nostro modus vivendi, l'importante è capire che tutti noi abbiamo una via maestra da seguire e la si può trovare a qualsiasi età, anche quando sembra di averla smarrita. In particolare, per chi ha problemi di salute mentale la strada è sicuramente più accidentata. Lo smarrimento che si prova nell'affrontare la realtà esterna e il volersi continuamente rifugiare nella propria tana è ciò che affligge il comune sentire delle persone disagiate.
La rivista, che ho trovato molto ricca e articolata, spazia tra racconti e poesie che interessano la sfera più intimista del proprio vissuto, riflessioni che si agganciano ad accadimenti storici o che richiamano autorevoli scrittori e pensatori che descrivono la strada in tutte le sfaccettature sia positive che negative. Molto curata ed evocativa la grafica che accompagna i vari articoli e l'inserto finale dedicato alla rassegna fotografica dell'artista Nadia Modica esalta la trasfigurazione artistica e dà valore a quello che è il significato più profondo della parola Strada.
Sono rimasta suggestionata dal racconto di Lucia: Tutte le strade portano... a casa, corredato da un disegno infantile che tratteggia una graziosa casetta con un comignolo fumante e una stradina che attraversa un prato su cui razzolano delle gallinelle. La strada non ha confini e così l'ha disegnata la maggior parte di noi da bambini. La casa dà il senso della famiglia che si riunisce intorno al tepore del fuoco del camino, ma è la strada che dà la possibilità di avere contatti con il mondo, solletica la curiosità e la voglia di conoscenza, stimola la socializzazione che porta dall'Io al Noi. L'uomo, per sua natura, ama avventurarsi per misurarsi con gli altri e per questo si allontana da casa per la propria emancipazione e autodeterminazione. Comunque, quando imbocca una strada porta con sé un immaginario filo di Arianna che al momento opportuno riavvolge e lo riporta al focolare domestico, ai suoi affetti. La casa simboleggia il grembo materno nel quale ama rifugiarsi per sentirsi protetto e al sicuro.
Mi sono soffermata, nello scorrere la rivista, sul racconto del poliedrico artista irregolare Francesco Valgimigli dal titolo La Parola alla fine della strada. Nel suo viaggio onirico Francesco si avventura insieme a un gruppo di persone per una strada sotto un cielo coperto da nuvole che prendono la forma di orologi molli, un chiaro riferimento al dipinto di Salvador Dalì. Lungo la strada alcuni girano e rigirano tra le dita dei dadi, altri leggono o scrivono, altri come lui osservano la natura che la campagna offre ai loro sguardi. Nell'incamminarsi scrutano l'orizzonte intravedendo sulla linea di confine una parola indefinita che inizia con la lettera F. S'interrogano e ipotizzano varie soluzioni, mentre corrono più in fretta per raggiungere la meta e decifrarne il significato, ma nel dormiveglia Francesco riesce a leggere chiaramente la parola Fine. L'autore si interroga sul senso del suo sogno e perchè vede nella parola Fine il suo risveglio. È forse il richiamo della madre che lo desta e lo riporta alla concretezza del presente? Forse la strada rappresenta l'agorà in cui ci si può esprimere artisticamente, anche se vista da lui come osservatore? Quante volte ci lasciamo cullare da dolci sogni, ma il risveglio ci rituffa nella realtà quotidiana?
Nel prosieguo della lettura dei vari articoli non potevo tralasciare l'immagine fortemente emblematica del Rivoltoso Sconosciuto, foto che immortala carriarmati fermati da uno studente cinese con un mazzo di fiori in mano nel tentativo di ostacolare il passaggio sulla strada di Tienanmen. Il giovane, in contrapposizione al regime cinese, chiedeva, insieme ad altri trenta, quaranta amici, la pace e la libertà, in particolare quella di espressione e di stampa.
La foto del 1989 richiama purtroppo le attuali immagimi o filmati che mostrano donne e uomini che tentano di bloccare con le mani in alto i carriarmati russi che avanzano inesorabilmente per le strade della loro amata e martoriata terra ucraina.
Assistiamo sgomenti all'esodo e alla fuga di tante donne e bambini verso terre più sicure per mettersi al riparo dai bombardamenti ed evitare il massacro disumano che si palesa agli occhi di tutto il mondo, mentre i loro uomini combattono per difendere la patria con l'obiettivo di tornare a vivere pacificamente e democraticmente con i loro cari nella propria terra.
Per leggere l'intera rivista clicca sul seguente link: Faro - La strada
Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi
...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...
Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo Pini, di Milano.
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