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Accordo di Programma Metropolitano: intervista a Tiziana di Celmo e Danilo Rasia

aggiornato al | Staff | ARTICOLI

a cura di Federico Mascagni

Abbiamo intervistato Tiziana di Celmo, dell’Area Sviluppo Sociale della Città metropolitana, per capire il ruolo ricoperto da questa istituzione nel rapporto fra istituzioni, scuola e famiglie di disabili.

Il processo di inclusione scolastica degli alunni con disabilità ha inizio con la legge 104 del 1992. Quali sono i passi principali di questa legge che hanno consentito una maggiore integrazione?

La legge 104 è uno strumento fondamentale per la piena inclusione delle persone con disabilità in tutti i contesti di vita. In particolare per i percorsi scolastici, essa rappresenta un modello estremamente avanzato , a cui si guarda con attenzione da molti paesi europei e non solo. Prevede una forte integrazione tra istituzione scolastiche, Istituzioni sanitarie Enti locali e definisce gli impegni di ciascuno per assicurare un pieno diritto all'istruzione per i bambini e alunni con disabilità. Prevede che a sancire questi impegni le istituzioni pubbliche sottoscrivano uno specifico Accordo di Programma, di livello per noi metropolitano e poi distrettuale se necessario. L'Accordo di programma rappresenta la declinazione territoriale degli impegni di ciascuna Istituzione e uno strumento per rafforzare la esigibilità dei diritti.

 Quali sono gli attori e quale ruolo svolge la città metropolitana?

Svolge da molti anni un ruolo di promozione e coordinamento dell'Accordo di programma , metropolitano perdisabilita3 l'inclusione scolastica dei bambini e alunni con disabilità. Il nostro è stato rinnovato a dicembre 2016 ed ha visto la sottoscrizione convinta di tutte le autonomie scolastiche dell'area metropolitana, di molte scuole paritarie, delle due Aziende sanitarie del territorio, di tutti i Comuni/unioni del territorio metropolitano, di molte Associazioni . Il percorso per giungere alla sua definizione è stato complesso e frutto di una relazione intensa tra Istituzioni e con le Associazioni delle famiglie. La Cm. ha coordinato il percorso di rinnovo , svolge un ruolo di supporto al Collegio di vigilanza previsto per legge (organismo a cui ci si può rivolgere ,attraverso una procedura formalizzata, per segnalare inadempienze) , supporta Unioni e Distretti nella redazione del proprio Accordo distrettuale .

Il collegio di vigilanza finora quali criticità ha rilevato nel rapporto fra cittadini e istituzioni?

Va detto che a oggi il Collegio non si è ancora riunito perché il lavoro di Segreteria, assicurato dalla Città metropolitana, ha consentito di comporre e risolvere in itinere diverse segnalazioni : dal nostro osservatorio rileviamo un aumento significativo di segnalazioni da parte delle famiglie in riferimento agli interventi( ore educatore) previsti dagli Enti locali, che denota una forte sofferenza dei bilanci comunali dedicati. Le segnalazioni critiche delle stesse famiglie nei confronti delle Istituzioni scolastiche attengono invece non più, come in passato alle risorse del sostegno, quanto a difficoltà di comunicazione e relazione tra scuola e famiglia, in cui potrebbero giocare un ruolo più incisivo gli stessi Dirigenti Scolastici. Attivata la relazione i problemi tendono a risolversi. Segnali di sofferenza pervengono dalle Scuole in riferimento alla presenza attiva della NPIA nei Gruppi Operativi.

Le associazioni dei familiari spesso sono critiche verso una neuropsichiatria con un personale sottodimensionato e non mancano conflitti con gli insegnanti scolastici.

I conflitti tra famiglia e istituzioni e scolastica sono anche fisiologici: la famiglia ha bisogno di comprendere , di proporre e vedere valorizzate le conoscenze che solo essa detiene per il proprio figlio; al contempo la scuola ha la competenza e responsabilità dell'azione educativa. Va costantemente ricercato un equilibrio possibile ,nell'interesse assoluto e prevalente del benessere del bambino . In questo delicato equilibrio sono molto importanti le capacità di relazione e di ascolto degli Insegnanti e del Dirigente scolastico. Rileviamo che laddove queste capacità sono agite con costanza i “conflitti” si compongono Voglio comunque sottolineare che nel complesso le nostre Istituzioni scolastiche esprimono una capacità inclusiva che talvolta ha dello straordinario(in relazione a mezzi e risorse) e che si fonda anche sulla dedizione personale di molti Dirigenti e Insegnanti

disabilita1In generale rileviamo un forte apprezzamento per la professionalità costantemente dimostrato da tutti gli Operatori di NPIA, ma da più parti si segnala come le dotazioni organiche siano /o appaiano sottodimensionate rispetto all'aumento delle complessità e dei numeri dei bambini certificati; l'impressione è che in questo modo si rischi di ridurre, di fatto, la dimensione territoriale del servizio, la sua capacità di relazionarsi le famiglie e istituzioni locali. Ma l'aumento delle complessità tra minori,nelle scuole e nel tessuto sociale rende per tutte le Istituzioni pubbliche necessario ripensare modelli organizzativi e di intervento, andare oltre prassi consolidate, innovare. Non si può pensare infatti di incrementare costantemente le risorse pubbliche, quanto piuttosto ad individuare modelli di interventi più efficaci ed efficienti . Questa è una scommessa che vale per tutte le Istituzioni pubbliche ed è vitale per mantenere alto la qualità del nostro sistema.

Appaiono preoccupanti i numeri riguardanti l’aumento dei casi di disabilità infantile anche nelle famiglie di immigrati. Quali sono le vostre considerazioni in merito e come la comunità professionale risponde?

Non vi è dubbio che siamo di fronte ad un incremento significativo dei numeri , e all’interno di questo incremento si rilevano aspetti di particolare complessità riferiti ad es a patologie in forte incremento ( autismo ) , alla significativa incidenza di bambini e alunni con disabilità figli di migranti. Si tratta di un dato nazionale e regionale e l’area della città metropolitana è sostanzialmente in linea. Abbiamo cercato di comprendere le motivazioni e le ripercussioni sul sistema pubblico dei servizi in due convegni specificamente dedicati , l’ultimo , il 3 dicembre scorso promosso congiuntamente da Città metropolitana e comune di Bologna (I dati sono reperibili nel sito della Cm dedicato all’Accordo di Programmahttps://www.cittametropolitana.bo.it/scuola/Home_Page/Archivio_notizie/materiali_convegno).
In queste sedi tutti i Servizi pubblici hanno espresso le loro valutazioni; la NPIA ha fornito un quadro significativo della evoluzione delle patologie e delle possibilità di diagnosi precoce in particolare dell’autismo, che oggi sono disponibili . In quella sede abbiamo approfondito anche il ruolo strategico per l’inclusione dell’impegno degli Enti Locali, forse non evidente come dovrebbe: annualmente i Comuni dell’area metropolitana investono per l’inclusione scolastica più di 27,6 mln di Euro.
Per i servizi sanitari (NPIA) è evidente la necessità da un lato di rafforzare le dotazioni, ma anche di riflettere sulla organizzazione del proprio servizio, ad esempio potenziando il sostegno ai percorsi di inclusione attraverso il supporto attivo alla formazione e alla consulenza per operatori scolastici e famiglie, e al contempo organizzando la propria presenza nei Gruppi Operativi previsti dall’accordo di programma sulla base di specifiche necessità in cui il loro contributo può essere determinante.
Per gli Enti locali la riflessione si è centrata sul modello di “Educatore di Istituto”, ossia una modalità di assegnazione delle ore educative , che avendo a riferimento naturalmente il bisogno specifico del singolo bambini e/alunno, possa consentire alla Scuola un utilizzo flessibile del monte ore complessivo che rimane stabile a prescindere dalle assenze del singolo, e può rappresentare una risorsa educativa importante per tutti i processi di inclusione
Aggiungo che appare sempre più necessario lavorare per superare la cesura che si avverte talvolta tra servizi pubblici sia sociali che sanitari rivolti agli adulti e gli analoghi servizi per i minori: su questo aspetto credo vi sia ancora molto da fare, ma è un passaggio ineludibile per mettere a valore anche per la vita l’esperienza scolastica della persona, e le risorse educative e sanitarie dispiegate nell’età evolutiva .

Infine due altri aspetti problematici per i disabili sono quelli definibili come “transizioni”. Il passaggio dalla scuola di secondo grado alla maggiore età, Il tempo libero dopo la fine della scuola. Quali le possibili soluzioni?

Questi sono aspetti su cui appaiono delle criticità: per quanto riguarda il passaggio alla maggiore età ed ai servizi per adulti disabilita2qualora necessario, nell’area metropolitana si è già riflettuto e sperimentato, nel 2015 sono state approvate dalla CTSSM linee di indirizzo metropolitane per la continuità in tutti gli ambiti di vita : attraverso un confronto (coordinato da Città metropolitana) che ha visto impegnati tutti i soggetti istituzionali coinvolti e le Associazioni. Su questo punto forse è opportuno riprendere un monitoraggio, dare evidenza maggiore a quanto fatto a partire da quel documento; riprendere l’attenzione sul tema anche livello distrettuale, verificare se le scelte adottate hanno consentito di attenuare quella sensazione di “abbandono” segnalata con forza dalle famiglie, certamente anche dovuta alla frammentazione dei servizi per adulti, rispetto alla forte identità rappresentata in età evolutiva dalla Scuola e dalla NPIA.
Certamente invece il tema dell’estate, di percorsi e sostegni specifici soprattutto per gli adolescenti con disabilità che consenta loro di fruire appieno di possibilità di socializzazione è un punto critico; in questo caso sono i Comuni riferimenti naturali, ma la situazione dei bilanci pubblici a fronte della grandissima quantità di risorse impegnate durante l’anno scolastico, oggi appare inadeguata con prospettive non di miglioramento. . E’ un tema di non facile soluzione, su cui però riportare l’attenzione, anche sperimentando forme inedite di collaborazione pubblico privato.

Abbiamo posto a Danilo Rasia, presidente dell' Associazione Passo Passo, alcune domande sul tema dell'Accordo di Programma per dare voce al punto di vista dei familiari di ragazze e ragazzi della neuropsichiatria infanzia e adolescenza.

 Le associazioni ritengono la legge 104/92 uno strumento ancora attuale per l'integrazione scolastica degli alunni con disabilità?

famiglia1Sicuramente come legge quadro è sempre valida, ma a mio avviso necessita di una rivisitazionesia per la pre-condizione che tutto il personale scolastico sia coinvolto e preparato, non delegando sostanzialmente solo alle figure di sostegno il processo di inclusione, sia per un aggiornamento dei programmi scolastici in modo che possano garantire un equilibrio tra il diritto di apprendimento degli alunni in generale e lo stesso diritto per gli alunni certificati, più improntato sulla pratica che sulla teoria. Lo stesso equilibrio va cercato nell’evitare forme di isolamento interne al contesto scolastico (che evidenziano una pseudo-integrazione puramente formale), valorizzando la disabilità come possibile risorsa formativa, se non anche didattica, favorendo o costruendo relazioni tra pari che portino ad un ricevere-dare reciproco, al di là delle diversità di ognuno. La legge poi non garantisce di per sé l’adeguata formazione, trasversale e insieme specifica sulle diverse disabilità, del personale di sostegno, come non garantisce la tempestività della sua attribuzione corrispondente ai bisogni, come pure la sua continuità, evitando l’intollerabile avvicendamento delle figure di riferimento, anche in corso d’anno.

 L’ Accordo metropolitano di Programma sta funzionando?

A “macchia di leopardo”, spesso anche in base alla sensibilità e all’impegno dei Dirigenti, o di specifici insegnanti incaricati per la loro funzione strumentale o motivati e impegnati su singoli casi. Mi capitano situazioni che evidenziano che spesso l’accordo non è neanche conosciuto, sia da parte delle famiglie che da parte del personale della scuola, oltre che dai Comuni. E se non è conosciuto difficilmente può funzionareA volte poi succedono degli episodi che denotano una incoerenza al di là dei principi e delle indicazioni sottoscritte dai vari soggetti istituzionali. Mi risulta peraltro che non in tutti i Distretti si siano concordati degli accordi territoriali, così da tradurre localmente l’accordo metropolitano, pur senza smentirlo. Credo che la strada da percorrere, se pur impegnativa, sia quella di qualche anno fa, quando nei vari Distretti si faceva un paio di volte all’anno un monitoraggiocondiviso anche con le associazioni di rappresentanza delle famiglie o comunque di rappresentanti dei genitori, di come si stava attuando l’accordo, con anche le sue eventuali contraddizioni o difficoltà applicative, per ricercare magari insieme delle piste migliorative.

Quali sono le criticità che vorreste portare all'attenzione dell' istituzione coordinatrice?

La difficoltà in particolare di un buon coordinamento tra i vari soggetti implicati, che favorisca anche lo scambio di buone prassi, come pure di eventuali difficoltà applicative. Questo anche per superare le eventuali contraddizioni tra scuola e scuola, vista l’autonomia di ognuna, così da portare poi le famiglie a dover scegliere in base a come la singola scuola è impegnata a rispondere alle loro legittime aspettative per i propri figli.

Esiste un effettivo conflitto fra istituzione scolastica e associazioni o genitori di giovani disabili?

Di per sé non dovrebbe esistere, anche se succedono casi che possono portare a questo o che lo evidenziano in modofamiglia2 particolare. La scuola a volte è in difficoltà essa stessa per il suo tipo di organizzazione e per le contraddizioni del sistema scolastico in senso lato e dell’attribuzione del personale. Credo che la strada da percorrere sia quella di una “alleanza”, nella misura che siano chiari e convintamente condivisi alcuni principi, tra cui quello del superamento di improprie autoreferenzialità e supponenze, per una sinergia valoriale ed operativa, partendo anche dalle situazioni e delle criticità concrete, per le quali cercare insieme delle soluzioni, che siano anche rassicuranti per le famiglie, così che esse non si trovino caricate di ulteriori problemi, invece che ricevere aiuto per quelli che hanno già.

Nella neuro psichiatria infanzia e adolescenza oltre al problema genitoriale del  “dopo di noi” si aggiunge quello del “dopo la scuola superiore”. Alcune considerazioni sullo stato attuale e su come migliorarlo.

Il venir meno di un referente clinico specializzato, quando soprattutto “funziona” fino al termine delle scuole superiori, mette spesso in difficoltà le famiglie. Inoltre il collegamento tra quanto è stato costruito nel percorso scolastico (se è stato costruito) e il progetto di vita susseguente non sempre è garantito, così che le competenze acquisite si perdono, tanto più se non vengono subito valorizzate per un possibile percorso lavorativo, spesso ritardato o continuamente “sperimentato” con l’avvicendamento di diversi tirocini. Il problema del lavoro sta diventando cruciale per molte di queste persone, che rischiano crolli di autostima se non processi depressivi, ma anche per una semplice questione di dignità personale, tanto più se si ritrovano ad essere solo “oggetti” di cura da parte di professionisti dedicati e retribuiti grazie a loro, e non “soggetti” di vita e di relazioni il più possibile autonome. Il tema cruciale del “Dopo la scuola superiore” è quello di un “progetto di vita” che sia sostenuto da figure competenti, coordinate da una regia capace ed empatica, che da una parte favoriscano, per quanto possibile, l’autorealizzazione e la possibile emancipazione della persona con le sue caratteristiche e capacità, al di là della sua disabilità, come pure la sua vita relazionale inclusiva; e dall’altra la sostengano per le sue difficoltà oggettive dovute alla disabilità, che la possano condizionare negativamente, anche dal punto di vista sanitario, pur non considerandola come “malata” più che come persona in quanto tale.



 

Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi

La Terra Santa

...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...

Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo  Pini, di Milano.

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