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Perché le aziende non assumono chi ha una patologia psichiatrica? La parola ai familiari

aggiornato al | Staff | ARTICOLI

di Federico Mascagni, redattore di Sogni&Bisogni

Non stupisce il dato che il 90% delle persone con disturbi mentali non trovi lavoro. Non stupisce tre familiari che abbiamo intervistato sul tema del lavoro e della disabilità mentale, a margine dell'incontro su disabilità e lavoro organizzato da Progetto Itaca Bologna lo scorso 27 giugno.

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          Foto di reallywellmadedesks da Pixabay

Mille precisazioni su una situazione, quella del lavoro, che poggia su fondamenta fragili e perciò non riesce a crescere. E dove i dati spesso necessitano di essere specificati. “Se il 10% trova lavoro non è detto che in questo dato non sia incluso il tirocinio, che non deve essere considerato lavoro perché è formativo: fatta questa specifica è probabile che il placement nelle aziende private sia dello 0%, perché nonostante il tirocinio le aziende non sono propense ad assumere persone con disturbi mentali”. Addirittura è lo stesso sistema del tirocinio formativo a essere messo in crisi dagli intervistati: “Il tirocinio sarebbe un sistema per avvicinarti al lavoro affinché diventi di fatto un lavoro ma questo non succede quasi mai. Con un tirocinio formativo ora si percepiscono 200 euro mensili, una retribuzione che stimola l’abbandono dell’esperienza. Un’esperienza, quella del tirocinio, che a volte può durare fino a dieci anni”.

È anche una questione di patologia. Ci sono più difficoltà nell’inserimento di un paziente psichiatrico rispetto a uno con un disturbo cognitivo, in ragione soprattutto dello stigma che circonda il malato psichiatrico. E poi esiste il costo da sostenere da parte delle aziende. “Ci sono patologie serie che necessitano di un tutor e questo rappresenta un prezzo che le aziende non si vogliono assumere. Anche se quelle con più di 15 dipendenti sarebbero obbligate a prevedere questa figura per l’inserimento di una persona disabile”. E ancora “un paziente psichiatrico è considerato un lavoratore problematico. È l’ultimo fra gli ultimi. Anche qualora si entri in un’esperienza lavorativa sotto tutor, questo raramente è capace di fare un efficace lavoro di affiancamento”.

Ecco allora intervenire le cooperative di tipo b, che sono obbligate al placement di persone con invalidità. Attraverso le cooperative un’azienda può adempiere ai propri obblighi di legge sull’inclusione lavorativa dei disabili. “Ma è un’arma a doppio taglio. Le aziende in questo modo non si assumono pienamente le proprie responsabilità e le cooperative pagano di meno”. Viene insomma aggirato un ostacolo dove azienda e cooperativa si accordano con reciproco vantaggio per ottemperare a una legge di tutela della disabilità.

E c’è che si ingegna per aggirare l’ostacolo. “Abbiamo cercato un lavoro autonomo per versare un minimo di contributi creando un’azienda a conduzione familiare”. L’aspetto drammatico è alzarsi la mattina senza avere niente da fare. E in più per accreditare la propria disabilità e cercare lavoro ci sono percorsi burocratici spesso molto complessi. “La burocrazia la fanno anche molto le persone presso cui ti rivolgi. Ci sono persone elastiche che riescono a ovviare e altre oppositive”. Per la disabilità c’è anche una richiesta di verifica periodica delle condizioni del malato che determinano se potere mantenere oppure no quanto si è ottenuto. “La famiglia ha una regia che implica una grande attenzione per tutte le cose, dalle opportunità agli obblighi”. Ma di fronte alle numerose difficoltà molte persone abbandonano il percorso, assecondando così l’obiettivo di ridurre la richieste di disabilità e il costo che rappresentano. “Da due anni in qua assistiamo a una richiesta di ridurre e risparmiare da parte delle istituzioni”.

E infine il caso dei centri per l’impiego. “Non esiste nulla per chi ha una disabilità mentale, se non per chi è laureato e ha capacità informatiche”. E ancora, “oltre ad aiutare a fare dei curriculum non ti chiamano per stage o altro. Ci sono centri sul territorio che fanno formazione, ma una volta che hai acquisito una competenza manca il collegamento tra il centro dell’impiego, il territorio e l’offerta delle aziende. Con il covid ci sono state occasioni di lavoro in collegamento telematico da casa, ma è una modalità negativa per un paziente psichiatrico per il quale il contatto umano è fondamentale per non rimanere isolato”.

Sono tutti concordi che la priorità per l’assegnazione del lavoro andrà sempre al candidato più giovane. “Per un operatore è importante conoscere il paziente, i suoi talenti e le sue capacità. E se non c’è empatia e intenzioni propositive è molto probabile che il lavoro non arrivi”. Per i familiari, che hanno figli disoccupati in età adulta, non è l’età che conta ma le esigenze personali. Che devono soddisfare il diritto di una vita dignitosa attraverso anche un’occupazione lavorativa.




 

Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi

La Terra Santa

...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...

Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo  Pini, di Milano.

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