di Federico Mascagni, redattore di Sogni&Bisogni
Nella mattina di lunedì 6 febbraio l’Assessorato alle Politiche per la Salute della Regione Emilia-Romagna ha presentato alla Consulta Regionale per la salute mentale i dati estratti dal Libro Bianco sulla salute sul territorio regionale per favorire una discussione fra le parti in causa (associazioni, operatori, utenti) allo scopo di individuare i punti dirimenti le problematiche indicate dalle statistiche raccolte. L’incontro si inserisce nel progetto degli Stati Generali della Salute, convocati a partire dallo scorso anno, allo scopo di costruire l’organizzazione della salute in Regione da qui ai prossimi 10/15 anni.
La fotografia è certamente quella di una regione nei fatti meglio organizzata e con un’incidenza delle patologie e una ricchezza di strutture dedicate alle cure che supera in qualità e quantità le altre regioni italiane, ma si tratta comunque di un contesto nazionale afflitto dalla crisi che la pandemia ha portato con sé, fra difficoltà nel reperimento di figure specializzate (una su tutti quella degli anestesisti), pensionamenti che non corrispondono a nuove assunzioni (19 mila i nuovi pensionati a fronte di 12 mila fra operatori rientrati in funzione e nuovi assunti, questi ultimi nel numero di 6 mila unità) e aumenti di patologie specifiche, come i disturbi alimentari e dipendenze da fumo e alcol, con un aumento nella fascia giovanile.
Nei saluti iniziali, l’assessore alle Politiche per la salute Raffaele Donini ha richiamato i quattro livelli su cui la Regione ha intenzione di operare: quello territoriale, la presa in carico per progetti di cura, la specialistica territoriale e i servizi di ampia zona. Per essere coerenti con questa metodologia Alessio Saponaro, Responsabile area salute mentale e dipendenze patologiche dell'assessorato alla Salute della RER, ha indicato la necessità di individuare un modello integrato che coinvolga nella Salute Mentale tutti i portatori di interesse.
La fotografia nell’ambito psichiatrico regionale è quello dell’aumento dell’abuso delle sostanze (39 i decessi dovuti all’alcol nell’anno scorso, 34 per altre sostanze), dei disturbi “sotto soglia” (patologie di bassa gravità senza accessi ai servizi), dell’incremento del 9% di bambini nella Neuropsichiatria infantile e dell'adolescenza per vari disturbi.
“I nostri pazienti muoiono di più rispetto agli altri - ha lanciato l’allarme Saponaro - un elemento su cui porre la nostra attenzione, soprattutto riguardo i disturbi depressivi, che sono in crescita”.
Ma, come ricordato anche dall’assessore Donini, è la NPIA a destare la massima preoccupazione. Il 75% dei giovani pazienti è a rischio di cronicizzazione e si riscontra una crescita delle patologie psichiatriche nelle due fasce 14-17 e 11-13 anni. Crescono soprattutto i disturbi più gravi, mentre i disturbi d’ansia registrano un aumento del 22%. Sono 600 i bambini in più ricoverati rispetto l’anno scorso, con diagnosi di acuzie. I tempi di attesa per le visite presso i Centri di salute mentale si sono attestati in 7 giorni, che rimane comunque il miglior dato in Italia. Saponaro attraverso i dati riscontra implicitamente la necessità di una ripartizione differente dei fondi per le macroaree della salute mentale: “C’è una grossa fetta di risorse dedicata alla salute mentale adulti, con 223 milioni di euro erogati, contro gli 87 della NPIA”, il 63% dei quali vanno nel finanziamento delle strutture private. Tanti posti letto, sintetizza Saponaro “in residenze dove le persone stanno dai 2 a 4 anni”, soprattutto gli over 65. “Strutture riabilitative - aggiunge Saponaro - ma se la permanenza arriva ai 4 anni vuole dire che non stai facendo riabilitazione”.
Nella sessione plenaria conclusiva sono emersi concetti e parole chiave provenienti dai gruppi di lavoro che hanno coinvolto familiari, utenti, cooperative, associazioni. Si ritiene necessario costruire un modello condiviso di intervento, con una maggiore collaborazione con le associazioni. Interrogarsi su chi non arriva ai servizi e alle associazioni: chi lo fa già è perché ha raggiunto una consapevolezza del proprio disagio. Ma gli altri? C’è inoltre una tendenza eccessiva alla medicalizzazione immediata perché manca un sistema di cura meno basata sul farmaco e più sulla relazione: se ci fosse più attenzione e prevenzione le strutture residenziali non sarebbero necessarie.
Il tema della Recovery è stato uno dei protagonisti nei gruppi: è necessaria una maggiore integrazione degli utenti nel mondo del lavoro, operando insieme con le aziende e aprendo un dialogo con le associazioni di categoria e le parti sociali tutte. Comincia ad affiorare fra le pieghe degli effetti del disagio anche la questione fiscale dei tanti che, nei momenti di difficoltà, e non potendo usufruire di un amministratore di sostegno, si sono ritrovati con sanzioni da pagare. Promuovere la nuova professionalità dello Psichiatra della nutrizione, un ruolo chiave per migliorare la salute complessiva della persona.
E infine: formare i medici di medicina generale sui temi della salute mentale, con l’ipotesi di affiancarli negli studi da psicologi per trattare immediatamente coloro fra i 1800 pazienti a medico (dato RER) che manifestino disturbi. Le parole chiave della giornata: dignità, tenerezza, relazione, socialità, legami, condivisione. Dalla visione alla condivisione tra servizi e persone. Avviare contesti permanenti e periodici di partecipazione fra tutti i portatori di interessi. Parlare, insomma, non più di salute mentale ma di salute.
Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi
...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...
Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo Pini, di Milano.
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