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Sindrome di Down, sostenere il diritto a una vita autonoma, anche dal punto di vista affettivo

aggiornato al | Staff | ARTICOLI

di Daniele Collina, redattore di Sogni&Bisogni

La Giornata nazionale delle persone con sindrome di Down si tiene la seconda domenica di ottobre da oltre dieci anni con l’obiettivo di promuovere una cultura della diversità, abbattere i pregiudizi, difendere i diritti delle persone con sindrome di Down e favorirne l’autonomia e la piena inclusione nel contesto sociale nel quale vivono.

Foto GNPD

Quest’anno si è tenuta il 9 ottobre e come tutti gli anni le associazioni nazionali hanno cercato un tema da sviluppare: nel 2022 la Giornata è stata dedicata al diritto ad avere una vita piena e autonoma, anche dal punto di vista affettivo e sessuale.

Ne abbiamo parlato con Antonella Misuraca, presidente di GRD Genitori Ragazzi Down Bologna. “Avere delle buone relazioni sociali e affettive non è qualcosa di facile e automatico in presenza di una disabilità intellettiva – dice Misuraca – perché non si comprende subito la posizione dell’altro. Per alcuni è più facile gestire il tipo di risposta da dare, le parole da usare, oltre al sentire insieme che è la parte empatica, è un qualcosa da costruire. Per altri è più complesso”.

Ma da cosa dipende questa difficoltà a costruire buone relazioni sociali? “Da un lato, c'è la difficoltà da parte della persona con disabilità intellettiva a interpretare gli atteggiamenti e le reazioni delle persone con cui interagisce, dall'altro c'è il problema che, ancora oggi, si tende a infantilizzare la persona con sindrome di Down o disabilità intellettiva e a non riconoscerla come persona adulta. Quindi, nell'immaginario collettivo si escludono motivazioni e richieste tipiche dell'età”.

È importante quindi insegnare alle persone con sindrome di Down come gestire in modo equilibrato sentimenti e relazioni e come riconoscerli. “Questo tema si aggancia all’argomento dell'autodeterminazione – spiega Misuraca - : dobbiamo imparare a riconoscere chi ha una disabilità come una persona e che come tale diventerà un adulto con dei diritti, in primis quello a non essere considerato un eterno bambino, ma una persona in costruzione. Tra questi diritti, ci sono anche il diritto alla decisione, il diritto di scegliere gli amici con cui uscire e la persona con cui vuole vivere, il diritto di sposarsi, anche in chiesa se si vuole, avere quindi diritti e doveri. Spesso tutto questo viene lasciato alla scelta della famiglia o di un eventuale amministratore di sostegno. Invece tutto va considerato con equilibrio e le situazioni vanno valutate in modo opportuno insieme ai familiari e a un eventuale amministratore di sostegno senza escludere nulla a priori”.

Per arrivare a un'autodeterminazione consapevole è necessario riconoscere il ruolo fondamentale della famiglia nel crescere il figlio in una logica positiva. “Quello che però spesso manca nei genitori di un bambino con disabilità intellettiva o sindrome di Down è il sogno di vederlo diventare un adulto e indipendente – continua Misuraca – con la conseguenza che tendono a mantenere nei suoi confronti un atteggiamento iperprotettivo, facendolo sentire incapace di fare e poco valorizzato. Il punto fondamentale è il riconoscere la persona, al di là di qualunque disabilità, fin da piccola”.

In questo percorso si trovano molti ostacoli. “La maggior parte sono culturali – dice Misuraca - Insieme alla diagnosi viene detto al genitore cosa il figlio o la figlia non potrà fare, il sistema sanitario presenta tutti i limiti affinchè il genitore stesso non chieda l'impossibile al proprio figlio. Spesso però si esagera fino a cadere negli stereotipi e si entra nella modalità educativa da 'eterno bambino'. Con la crescita il genitore si rende conto della sofferenza che questa posizione porta e prova a cambiare, non sempre riuscendoci, e c'è il rischio che il ragazzo prenda delle abitudini sbagliate”. La conseguenza è che non vengono sviluppate le potenzialità della persona.

Come si affronta il tema dell'affettività quando si è in presenza di una disabilità intellettiva? “È importante entrare in contatto con altri genitori che abbiano fatto un percorso similare, oltre naturalmente al lavoro dei servizi previsto dalla legge. Servono informazioni, una presenza nella comunità e sul territorio, occorre cercare chi può dare gli insegnamenti e le possibilità di fare le attività che piacciano alla persona con disabilità intellettiva, che siano giocare a calcio o uscire con gli amici. Il genitore stesso deve comunque mettersi in gioco e non arrendersi”.

Misuraca racconta che spesso i genitori di ragazzi e ragazze adolescenti con sindrome di Down sono in difficoltà nel rispondere alle domande dei figli sui fatti fisiologici della vita: le mestruazioni, la fecondazione, il sesso. “È un po' come se ritenessero non opportuno spiegarli ai figli perché loro non potranno avere una vita affettiva e sessuale. Ma questo è uno stigma che va rimosso – spiega la presidente di GRD-Bologna – Le risposte sul corpo e sullo sviluppo vanno date come si darebbero a qualunque altro figlio perché lo sviluppo ormonale avviene per tutti e non si deve negarne l'esistenza. È necessario dare spiegazioni semplici e comprensibili, ma va spiegato tutto perché non c'è nulla di sporco o di sbagliato”. Per aiutare genitori e adolescenti, l'associazione GRD-Bologna organizza da tempo seminari e corsi su questi temi in collaborazione con le famiglie.

Esistono anche dei percorsi con educatori professionisti. “Tutte le associazioni accolgono i genitori a partire dalla diagnosi, che può anche essere prenatale – spiega la presidente di GRD-Bologna – Lavoriamo con piccoli gruppi per fare un percorso di accettazione, di visione positiva del domani, di presa di coscienza di un metodo educativo equilibrato. Poi man mano che i figli crescono, si possono fare incontri con psicologi ed educatori che li seguano nell'inserimento in attività sportive o socializzanti con altri ragazzi e ragazze”. Ad esempio, GRD-Bologna propone, a partire dai 10 anni di età, un laboratorio di relazione tra coetanei propedeutico al percorso di autonomia abitativa.

Cosa bisogna fare quando il proprio figlio o la propria figlia con sindrome di Down dice mi piace quello o quella? “Bisogna appoggiare la relazione e contemporaneamente fare un percorso di educazione sessuale, spesso in gruppi, a partire dall'età adolescenziale perchè non è detto che la necessità affettiva sia subito accompagnata da una relazione sessuale o viceversa. Prima o poi però capiterà perché i passaggi ormonali sono fisiologici, anche loro crescono. In ogni caso è importante, prima di quella sessuale, la componente affettiva e relazionale e come GRD-Bologna seguiamo la persona in tutto il suo percorso di vita”.




 

Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi

La Terra Santa

...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...

Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo  Pini, di Milano.

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