a cura di Maria Berri, redattrice di Sogni e Bisogni
Nella confortevole e luminosa sede dell'associazione L'Arco - corrispondenze per la Recovery, attiva da maggio 2018, noi redattori di Sogni&Bisogni abbiamo incontrato il presidente Michele Filippi, psichiatra in pensione e facilitatore, Francesca, educatrice sociale e facilitatrice, e un utente che fruisce dei servizi offerti dall'associazione, ai quali abbiamo posto alcune domande per approfondire e divulgare le proposte messe in campo.
Quali sono le finalità e gli obiettivi che si pone l'Associazione?
Michele Filippi: L'Arco, Ente del Terzo Settore, nasce con lo scopo di collaborare con le persone che, a causa di un disturbo psichico o un disagio sociale, hanno visto diminuire la speranza e la possibilità di autogestirsi e autodeterminarsi nel'ambito familiare, sociale e lavorativo.
L'équipe che opera nell'associazione da quante persone è composta e quali competenze devono possedere?
Michele: Operano persone di diversa provenienza, interessate ai temi della salute mentale, tra i quali otto facilitatori, tre, denominati dispari, con competenza professionale (psicologa, educatrice sociale, psichiatra) e cinque, denominati pari, con diretta esperienza del disturbo mentale e specifico percorso formativo.
Quali sono le attività che proponete?
Michele: Le proposte che offriamo principalmente sono i percorsi individuali e anche i Corsi e i Gruppi di approfondimento e di confronto.
I primi sono costituiti da tre persone, un pari, un dispari e quella che fruisce del percorso.
In genere fissiamo due appuntamenti per una prima reciproca conoscenza.
I percorsi individuali si fondano su quattro strumenti: la Recovery Star, il PRIMA (durante e dopo), Il filo della Recovery e il Chi sono io?
I Corsi, invece, rivolti a circa 25 persone, sono focalizzati su un argomento di interesse comune per la Recovery. Possono riguardare varie aree tematiche, dalla salute al lavoro, alla vita sociale, per facilitare il recupero di un ruolo attivo nel proprio percorso di ripresa. In questo ultimo periodo sono sospesi a causa del Covid.
Diverse ricerche hanno mostrato che, in condizioni adeguate, si acquisiscono informazioni e strumenti in modo più stabile quando si è coinvolti come membri di un gruppo o come studenti piuttosto che come pazienti . In particolare si prende lo spunto dall'esperienza sviluppata a Brescia e Trieste sul modello della Recovery College inglese, una sorta di libera università sui temi della vita.
I Gruppi di approfondimento e di confronto, costituiti da circa 10 persone, consistono nel confronto di esperienze sul modello dell'AMA (Auto Mutuo Aiuto), e vanno per argomenti che variano a secondo delle proprie esperienze e del proprio stile di vita. Un gruppo, in questo periodo, sta affrontando il tema dell'amore (Parliamo d'amore), ce ne sono stati altri come un gruppo sul tema del TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) e un gruppo sulla sessualità.
I Gruppi di approfondimento si differenziano dai Corsi perché sono esclusivamente basati sul confronto tra i partecipanti, con l’apporto dei facilitatori, eventualmente attingendo a specifici testi o chiedendo il supporto di esperti esterni.
Sono aperti a chiunque, familiari, cittadini ma soprattutto entrano persone seguite dai servizi di Salute Mentale.
Si parla dei temi della vita e il fine ultimo è sempre la Recovery che non è un'articolazione della cura ma un'esperienza di ripresa.
Il calendario prevede 10/12 gruppi/corsi l'anno.
Quindi, l'attività principale è costituita dagl'incontri individuali? Con che cadenza settimanale avvengono?
Francesca: Gli incontri individuali sono la nostra attività prevalente ed essi vengono effettuati tutte le settimane in tutti i mesi di apertura della sede; mentre i gruppi e i corsi vengono stabiliti in periodi più brevi. Gli incontri individuali di solito cominciano con un'ora alla settimana poi più si va avanti e più si possono diradare, ad esempio una volta ogni quindici giorni, in base alle esigenze della persona.
Partendo dai quattro stumenti prima citati, in cosa consistono e come si svolgono gli incontri individuali? Sono di tipo terapeutico?
Francesca: Non sono di tipo prettamente terapeutico. Ci si incontra in una stanza in tre (persona interessata, il pari e il dispari) utilizzando gli strumenti che come fine comune hanno la Recovery della persona.
La Recovery star, primo strumento, è stata portata a Bologna dal dottor Michele Filippi dopo un corso effettuato a Brescia. Si utilizza graficamente una stella (star) le cui punte rappresentano le aree considerate più importanti della propria esistenza. La Recovery Star per la Salute Mentale, in particolare, è stata redatta nel 2011 con il contributo di persone che soffrono di disturbi mentali, è formata da dieci punte, ognuna delle quali rappresenta un’area importante nel percorso di Recovery.
Altro strumento è il PRIMA, costruito da noi, per cercare di prevenire i momenti di crisi della persona che cerca di capire quali sono le proprie caratteristiche sia quando sta bene e sia quando ha momenti di malessere; si ripropone di riconoscere i campanelli di allarme, anche condividendolo con i propri familiari.
Il filo della Recovery, che prende spunto dalla Recovery star, permette maggiormente di elaborare esperienze passate per vedere e valutare gli aspetti negativi e positivi, riprendendoli e decidendo quali abbandonare e quali portare avanti. Il filo della Recovery è stato pensato per incoraggiare a sviluppare la propria Recovery, partendo dal principio di libertà individuale. È un percorso simile alla Recovery Star, ma con maggiore attenzione alla storia e ai valori personali.
Infine il Chi sono io? è uno strumento autobiografico che aiuta la persona a ricostruire una immagine di sé che spesso può andare persa perchè ci si fissa su personali caratteristiche negative.
Tramite lo strumento si invita ad un breve viaggio tra i diversi aspetti della propria esperienza passata e presente, anche dimenticati.
La persona è rappresentata da una barchetta che si avventura tra le tante isolette di un arcipelago.
Accoglie l’idea che il nostro io è ricco, sfaccettato e composito. Per questo proponiamo tale immagine. Tutto ciò viene rappresentato graficamente su appositi quaderni, corredo in possesso dei partecipanti.
Gli strumenti non sono collegati, ognuno sceglie quale utilizzare.
Come vengono intercettate le persone che partecipano alle vostre attività?
Francesca: Vengono da noi spontaneamente, fanno colloqui e se c'è reciprocità si avvia un percorso. Lo strumento permette di entrare in relazione.
Il primo incontro lo fa Michele con un pari che porta la sua storia di vita e di disturbo psichico. Quando e se si crea reciprocità si avvia il percorso individuale e Michele viene sostituito da una facilitatrice dispari. Lo strumento serve per dare uno spunto, ma può anche essere messo da parte poiché noi siamo flessibili. Anche se lo strumento è fondamentale per entrare in relazione, noi ci modellliamo in base alle esigenze e alle caratteristiche della persona.
Da chi attingete i finanziamenti?
Michele: Per accedere ai percorsi individuali l'associazione chiede un modesto contributo ai partecipanti.
L'Associazione vive con il sostegno finanziario di donazioni provenienti da aziende e privati.
Vi riunite per fare verifiche?
Michele: Ci riuniamo settimanalmente per fare il punto della situazione. Oltre ai facilitatori si aggrega una psicologa che si occupa dell'amministrazione.
Come si può definire L'Arco, dato che va oltre l'associazionismo classico?
Michele: Possiamo definire L'Arco come una realtà di intermediazione fra Servizi e Associazioni.
Facciamo il giro dei servizi e delle associazioni per dire che esistiamo e invitiamo le persone a conoscere e valorizzare tutti i contatti possibili.
Ci stiamo aprendo alla collaborazione col territorio (quartieri, scuole, altre associazioni) con i nostri corsi e i nostri gruppi, promuovendo, quindi, anche la cultura della reciprocità. Abbiamo, altresì, contatti con il CSI (Centro di Salute Internazionale).
Partecipano anche persone con patologia psichiche importanti?
Michele: Le persone con gravi patologie, con problemi cognitivi gravi non si sono mai presentate e noi non potremmo proporre i nostri strumenti, abbiamo anche dei limiti. Le persone in crisi mentale e sociale non le accogliamo. Chi viene da noi deve essere curato privatamente o da struttura pubblica, non siamo dei CSM. Gli utenti si devono trovare in un momento di relativa stabilità per poter valutare insieme il da farsi.
L'Arco è aperta anche a persone con problematiche sociali su segnalazione dei Servizi Sociali e sono il 10/15% degli utenti che accogliamo. Ad oggi seguiamo circa una trentina di persone, tutti maggiorenni.
Chiediamo la testimonianza diretta dell'utente presente all'incontro.
Pasquale come sei venuto a conoscenza dell'associazione L'Arco? Ci racconti la tua esperienza?
Sono venuto a conoscenza dell'associazione tramite Michele durante gli incontri con l'associazione Progetto Spazio e Amicizia presso il Centro Sociale Tonelli sito a San Lazzaro. Ci vedevamo il venerdì sera, cenavamo insieme, poi si facevano due chiacchiere, si guardava un film. In seguito ho partecipato ad una serie di incontri sul TSO (gruppo di approfondimento), che anche io ho subito. Sono di Napoli dove ho subito una serie di TSO poiché sono stato abbastanza male.
Gli incontri sul TSO a me sono serviti molto perché ero insieme ad altre persone, tra i quali anche operatori, e abbiamo condiviso la nostra esperienza. Successivamente sono stato presso il CSM Mazzacorati dove abbiamo presentato le nostre storie al personale insieme alla dott.ssa Bruschi. Faccio parte anche del progetto Recovery Star insieme a Francesca e a Matteo, un altro operatore e mi trovo molto bene. Questo è il secondo anno che frequento l'Arco. Vengo seguito dal CSM San Camillo con una dottoressa che è napoletana come me e tramite lei ho conosciuto il progetto Benessere del quale fanno parte il corso di cucina proposto dall'associazione Cercare oltre e le passeggiate a piedi con l'operatore Giovanni Comuzzi. Il giovedì c'è il corso di cucina e vengo qui o il martedì o il venerdì. Frequento anche il corso di meditazione sempre con l'associazione Cercare oltre. Da quando ho iniziato questo percorso mi sento molto meglio perchè prima ero sempre chiuso in me stesso, in casa, non facevo niente e stavo sempre sul letto. Adesso sto riprendendo la mia vita nelle mie mani.
Concludiamo l'intervista con la convinzione, come afferma William Anthony, che la Recovery è un modo di vivere una vita soddisfacente, piena di speranza e in grado di dare un contributo agli altri, malgrado le limitazioni causate dalla malattia.
Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi
...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...
Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo Pini, di Milano.
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