di Mauro Scala, medico in formazione specialistica della Scuola di specializzazione in psichiatria dell'Università di Bologna
e Rossella Michetti, responsabile del Csm Borgo-Reno, UO Psichiatria Bologna Ovest, DSM-DP dell'Ausl di Bologna
La malattia mentale cronica può provocare cambiamenti significativi nella vita di un individuo, a volte sono presenti condotte di evitamento sociale e di isolamento. Un’importante difficoltà consiste nell’integrare l’attuale esperienza soggettiva di malattia con le proprie risorse personali. Occorre riconoscersi e conoscersi in questa nuova condizione, potenziarne le componenti più resilienti e dare un significato alle parti più compromesse per poterle successivamente rafforzare.
Tale riacquisizione multidimensionale delle proprie abilità in un nuovo contesto individuale e interpersonale, in psichiatria si identifica con il concetto di “recovery”. Oltre a favorire pertanto il coinvolgimento e la continuità del singolo paziente al percorso di cura individuale, riteniamo fondamentale la promozione di attività riabilitative di inclusione e confronto tra gli utenti.
Nel corso dell’ultimo anno nel Centro di Salute Mentale (CSM) Borgo-Reno della UO Psichiatria Bologna Ovest, abbiamo concordato con i pazienti l’obiettivo di rinforzare le abilità sociali e interpersonali utilizzando il contesto artistico e culturale.
A dicembre 2022 e maggio 2023, un gruppo di 25 pazienti eterogeneo per età e scolarità è stato coinvolto in due gite a Padova e Ravenna in cui l’arte e la storia sono divenute strumento condiviso di riabilitazione. Abbiamo cercato di includere utenti differenti nelle due giornate per offrire la possibilità di partecipazione a un maggior numero di individui.
La ricchezza della relazione riabilitativa e professionale è stata garantita oltre che dal personale medico (oltre agli scriventi, la dottoressa Laura Biondi), dalla presenza in entrambe le giornate delle infermiere Silvia Massarenti e Michela Gaggioli e dell’educatore Riccardo Giampaolo a Ravenna. Una guida turistica ha accompagnato il gruppo nelle visite alle opere d’arte e principali monumenti UNESCO delle due città.
L’arte rappresenta un mezzo di comunicazione non verbale che, veicolato dalla presenza di una guida, aiuta il paziente affetto da una compromissione dell’analisi e dell’interpretazione della realtà circostante, a riprendere contatto con la medesima realtà attraverso immagini, colori, forme e luci, tutti strumenti primordiali e più facilmente interpretabili delle parole. Tuttavia, la proposta non ha inizialmente goduto di ampia adesione; diversi utenti non hanno potuto partecipare per la presenza di concomitanti patologie che ne limitavano la mobilità. La presenza di un ampio gruppo, faticosa esposizione a un dinamico confronto, è stata spesso percepita come intimidatoria ed eccessivamente richiedente. Al contrario, la proposta del pranzo condiviso in ristorante ha rappresentato uno stimolo alla convivialità che ha animato la maggior parte degli utenti.
Al fine di motivare l’adesione, abbiamo sottolineato come l’obiettivo di queste giornate fosse stimolare un maggior senso di controllo e (auto)efficacia sulla propria realtà attraverso una partecipazione attiva in contesti nuovi che permettessero di acquisire nuove competenze sociali e culturali. Attraverso, dunque, l’empowering delle singole potenzialità personali, abbiamo cercato di infondere un senso di sfida e fiducia nell’abbattimento dei quotidiani limiti imposti dalla malattia lasciando ovviamente piena libertà nel processo decisionale.
Siamo rimasti piacevolmente sorpresi dal coinvolgimento degli utenti durante la visita e abbiamo osservato una duratura stimolazione della componente cognitiva e delle capacità attentive. Sono emersi ricordi inerenti precedenti studi scolastici; un vivido interesse nei confronti di tecniche e correnti artistico-architettoniche è stato condiviso dalla maggior parte dei partecipanti. La fruizione delle bellezze artistiche in un contesto interpersonale ha permesso di esprimere una carica emotiva fondamentale che ha alleviato l’ansia conseguente alle difficoltà di comprendere il pieno significato esplicito e soprattutto implicito degli avvenimenti. Abbiamo notato che gli utenti fumatori hanno drasticamente ridotto il consumo di tabacco durante le giornate, non necessitando della funzione ansiolitica assolta dalla nicotina.
L’arte ha permesso dunque di arricchire le singole condizioni cognitive con un’espressione soggettiva delle capacità di relazionare la propria persona con l’oggetto artistico, la guida, i sanitari, gli altri e con il proprio sé. È stata la costruzione del rapporto con l’altro la relazione più complessa. Durante i momenti di spostamento si sono potuti osservare tra i partecipanti lunghi momenti di silenzio. L’imbarazzo del non saper cosa dire? Un silenzio emozionale? Un silenzio che affonda le sue radici nell’intimità delle ferite profonde dell’animo? Un silenzio di fascinazione? Noi operatori sanitari ci siamo limitati a comprenderlo senza infrangerlo eccessivamente se non nei casi in cui fosse un silenzio persecutorio o imposto da esperienze allucinatorie. Tali difficoltà sono state attutite nel corso della giornata dal senso di appartenenza al gruppo, non più richiedente o minaccioso, ma confortevole e protettivo.
L’arte ha armonizzato il rapporto con l’altro. Il sentirsi parte di un progetto educativo condiviso, ascoltati anche nel silenzio, guidati e arricchiti di contenuto ha senza dubbio favorito la partecipazione. Sebbene non per tutti sia stato facile socializzare, per tutti si sono ridotte le minacce dell’isolamento. L’arte, esperienza estetica per antonomasia, fra le sue innumerevoli funzioni creative e gratificanti, secondo il parere di un partecipante “ci ha fatto sentire meno soli”.
Gli utenti, al termine delle giornate, hanno espressamente richiesto di intensificare simili iniziative riabilitative e culturali anche nell’area bolognese per facilitare l’inclusione di coloro che non possono allontanarsi eccessivamente da casa.
Riteniamo che l’arte possa rafforzare il contatto con i toni emotivi spesso spenti, intensificare dei tempi di attenzione e concentrazione stimolando e arricchendo al tempo stesso il contenuto dell’eloquio spesso depauperato dalla cronicità della patologia. Il dialogo, i momenti di confronto, le curiosità e il sorriso degli utenti hanno rappresentato il vero successo di queste iniziative. La valorizzazione delle loro risorse emozionali e cognitive ha reso gratificante l’impegno che gli operatori sanitari del Centro di Salute Mentale Borgo-Reno investono quotidianamente nella riabilitazione con l’obiettivo di potenziare le risorse, i desideri e i sogni degli utenti per vivere nella comunità.
Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi
...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...
Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo Pini, di Milano.
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