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La Collina, una alternativa al carcere dove si coltiva il futuro

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A cura di Enza Pallara di Psicoradio

Don Ettore Cannavera è un prete di confine, che il presidente Mattarella ha nominato “Commendatore al Merito della Repubblica Italiana “Per il suo prezioso lavoro di sostegno ai giovani e per  l’importante opera di reinserimento sociale che la comunità La Collina svolge da venti anni”.

Don Ettore vive in Sardegna, terra bellissima ma per molti aspetti difficile. Per anni è stato cappellano nel carcere minorile di Quartuccio; poi si è dimesso, in aperta polemica con le Istituzioni, e ha denunciato l'inadeguatezza del sistema penitenziario minorile italiano, impostato solo sulla custodia dei ragazzi e non su una visione davvero rieducativa.

Per Don Ettore il carcere dovrebbe essere un luogo dove, il reo, oltre a scontare la pena, dovrebbe essere recuperato ai valori e alla vita sociale, specialmente se si tratta di un minore. La realtà però è molto diversa: oggi anche il carcere minorile è sempre più simile a quello degli adulti. Durante tutto il giorno non c’è nulla da fare; il tempo è scandito dalla colazione, dal pranzo, dalla cena. Si vive un ozio distruttivo, che inevitabilmente aggrava situazioni già compromesse.

Per queste ragioni già ventitre anni fa Don Ettore aveva fatto nascere a Serdiana, in provincia di Cagliari, La Collina, una comunità dove accoglie minori condannati offrendo loro una valida alternativa al carcere.I ragazzi della Collina producono olio e vino che sono venduti in tutta la Sardegna, lavorano nei campi, imparando un mestiere, sentendosi utili, guadagnando uno stipendio e contribuendo attivamente alla gestione della piccola azienda. Nella comunità i minori che devono scontare una pena possono lavorare, guadagnare e progettare un futuro diverso, partecipando attivamente alla vita della comunità e del paese.

“Per chi esce dal carcere la recidiva generalmente è del 70%; tra gli ospiti della Comunità scende al 4% "- racconta Don Ettore ai microfoni di Psicoradio - "La differenza è che mentre i luoghi di detenzione sono repressivi, la Collina ha come fine la riabilitazione e il reinserimento sociale. Qui i ragazzi possono esprimere se stessi nelle relazioni con gli operatori e nel contatto con l'esterno". Proprio per favorire il graduale reinserimento nella comunità, la Collina organizza numerosi eventi per farsi conoscere. Presentazioni di libri, degustazioni, incontri, scandiscono la vita finalmente attiva e produttiva dei ragazzi ospiti di questa struttura, che vedono nel lavoro e nell’incontro con l’altro un’occasione reale di riscatto.

Luoghi come la Collina non sono un lusso; anzi, “consentono allo Stato di risparmiare circa l’80% sulle spese di gestione ordinarie di un istituto penitenziario classico” sottolinea Don  Ettore; la strada intrapresa dalla comunità è infatti l’auto-finanziamento. “Vendendo i prodotti, ogni ospite percepisce uno stipendio; la metà viene versata nella cassa comune per le spese di gestione. Lo Stato risparmia, il cittadino potrebbe pagare meno tasse, ma soprattutto a questi ragazzi viene offerto un nuovo modello di vita. Ecco perchè solo 4 su 100 sono recidivi”, conclude il parroco.

La Regione Sardegna paga solo gli stipendi agli operatori che seguono i ragazzi nel loro percorso riabilitativo e lavorativo. Dal punto di vista economico si tratta di un grande risparmio, ma diventa di valore inestimabile se pensiamo a quanti ragazzi sono stati aiutati, semplicemente ascoltandoli e dando loro una prospettiva di vita totalmente diversa da quella che li ha portati a delinquere.



 

Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi

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...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
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Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo  Pini, di Milano.

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