di Federico Mascagni, redattore di Sogni&Bisogni
La Recovery è un viaggio. Questa l’interpretazione raccolta in una conversazione con Michele Filippi, psichiatra in pensione che dirige l’associazione l’Arco Corrispondenze per la Recovery, che ha dedicato una serie di tre incontri che si tengono presso la Casa di Tina di via di Corticella a Bologna proprio alla Recovery intesa come viaggio verso la salute in compagnia delle persone più adatte a sostenere il percorso.
“La Recovery è quella ripresa personale di valore, di significato, di senso della vita, di dignità, di possibilità di partecipare alla vita comune e al miglioramento della propria salute limitatamente a quanto lo consenta il proprio disturbo mentale. I farmaci sono utili ma la Recovery è importante per riattivare la vita", spiega il dottor Filippi ricordando il motto “solo tu lo puoi fare, ma non lo puoi fare da solo” che è alla base di ogni percorso di rinascita dalla sofferenza della malattia.
Il viaggio non ha una meta sempre delineata ma è un percorso che vale la pena intraprendere. Vale per la Recovery ma anche per la vita in generale. Il percorso è sempre in atto. L’accento di questi incontri però è sui compagni di viaggio. Non basta sapere i passi necessari da compiere nella Recovery se non sappiamo chi è il compagno di viaggio. D’altronde, più in generale, il rischio di non trovare compagni di viaggio adatti per la propria vita è quello di sviluppare un disturbo della Salute Mentale. Se non si riesce a condividere ci si chiude in sé, sviluppando strategie malsane, come trovare un compagno immaginario nei casi più gravi o avvilupparsi nei sensi di colpa per le esperienze di fallimento. La cronicità è da alcuni interpretata come rinunciare alla ricerca di nuove esperienze, a causa delle troppe ferite subite. Una interpretazione interessante che pone proprio il limite farmacologico come supporto importante dal punto di vista biologico ma non sufficiente per completare il percorso di salute che è fatto di socialità, di incontro e confronto, di aiuto adatto e qualificato da accettare. Il dottor Filippi parla soprattutto di fiducia nel compagno di viaggio, che va riconosciuto dalla persona con disturbi come credibile, utile per tentare un reinserimento soddisfacente nella società e nella comunità. Un percorso che può essere anche lungo, lungo un’intera vita, ma è proprio la ricerca, il mettersi in viaggio, il significato dell’inizio del percorso che tende alla guarigione.
Strutturato su più incontri, il percorso che si tiene alla Casa di Tina ha come punti fondamentali l’idea di ripresa dalla malattia, cioè il decidere di iniziare il percorso, seguito dall’individuazione attorno a sé di chi sono i compagni di viaggio significativi o che vorrei come compagni di viaggio della Recovery, che di volta in volta possono essere gli educatori, i familiari, i compagni di vita nella relazione affettiva, gli amici più cari.
C’è poi da chiedersi come si è come compagno di viaggio. Una domanda importante che pone un elemento di qualità su sé stessi, sulla propria effettiva apertura a farsi accompagnare nella Recovery ma anche sapere selezionare i compagni giusti: il rischio di un contesto insoddisfacente, in cui non ci si riconosce, di compagni diversi da sé se non proprio inadeguati può portare a vanificare il viaggio di recupero a una vita attiva e il rischio di marginalizzazione. Chiedersi anche come noi siamo, o possiamo essere, buoni compagni di viaggio per altre persone.
Sono tante le storie di chi ce l’ha fatta a fare quadrare il proprio quadro clinico con una “funzionalità” rispetto agli impegni della vita quotidiana. Nella Recovery si sono trovate strategie, abitudini, stili di vita che tengono in equilibrio la persona riuscendo a combattere gli stress. A volte mancano elementi da raggiungere come la soddisfazione di esigenze personali, più di frequente di un’occupazione che possa quantomeno assomigliare a un lavoro per sentirsi indipendenti da altri. Ma la Recovery non è una scienza esatta. È più simile, se si consente il paragone, a una lotta quotidiana per conquistare fette di vita sempre più significative, per raggiungere quando possibile nuove conquiste che diventino passi acquisiti del percorso che ha nelle parole equilibrio e serenità forse le sue più importanti.
Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi
...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...
Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo Pini, di Milano.
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