di Maria Berri, redattrice di Sogni&Bisogni
Il volume "La passione del possibile - trent'anni del Charitas di Modena (1990-2020): un impegno in evoluzione", edito da Consulta libri e progetti nell'ottobre del 2021, è stato scritto da più autori: Ciro Ruggerini, Mauro Rebecchi, Paolo Seghedoni, Chiara Arletti e Gabriele Benatti.
Nel libro, che consta di 17 capitoli, si affrontano gli aspetti dell'assistenza nei confronti delle persone con disabilità dal punto di vista giuridico, sociologico, medico, psichiatrico e antropologico. Il testo si conclude con un'intervista al professor Stefano Zamagni sul ruolo del Terzo Settore nell'assistenza. Tre prefazioni, a cura di Roberto Franchini, Cesare Cornaggia e Giuliano Steni, fanno da coronamento ai vari argomenti trattati e sono intervallati da numerose immagini.
Nel capitolo quindicesimo è presente l'opera grafica della pittrice modenese Carla Molinari, scomparsa nel 2018. In ogni opera d'arte sono possibili più tipi di lettura, ma in particolare, nella raffigurazione pittorica della Molinari si evidenziano gli aspetti più umani, con significati simbolici e allegorici, e quelli culturali poiché essa acquista un significato metaforico della cultura scientifica attuale. Il libro ha anche il merito di essere fruibile per uno stile, utilizzato dai vari autori, fluido, scorrevole e godibile.
Il contenuto è incentrato sullo sviluppo che l'ASP (Azienda di Servizi alla Persona) Charitas di Modena ha avuto in trent'anni e che rappresenta, pur nella sua complessa organizzazione, una realtà significativa dell'Emilia-Romagna poiché è stata capace di volgere lo sguardo al cambiamento e all'evoluzione. L'ASP Charitas, quindi, si prende cura delle persone con disabilità pisco fisica medio-grave, rispondendo ai bisogni di tipo assistenziale, educativo, riabilitativo, sanitario, psicologico e spirituale.
Nel testo gli autori si avvalgono dei contributi diretti dei protagonisti dell'esperienza per delineare il percorso compiuto dal Charitas e le mete che si sono prefissi di raggiungere.
Il Charitas nasce nel 1942 per volontà di monsignor Ermanno Gerosa con la finalità di prendersi cura, in modo fraterno, delle persone con disabilità intellettiva, sottraendole al disinteresse della loro comunità, alla povertà e allo sfuttamento. Nell'anno 1990 c'è stata una svolta per il Charitas con una riformulazione dell'assistenza, comprensiva delle nuove concezioni culturali di fine secolo.
In particolare cambia lo status della persona con disabilità da malato a cittadino.
Il punto di partenza dell'evoluzione dell'istituto è la relazione di Milena Cannao e Giorgio Moretti, due esperti che redassero una proposta funzionale dello stesso.
Gli elementi essenziali di questo documento riguardano diverse concezioni. Prima fra tutte quella umanistica, infatti il disabile grave viene visto innanzi tutto come una persona, che ha diritto di partecipare alla vita e la residenza che la ospita deve essere di conseguenza considerata un "luogo di vita". La concezione umanistica affonda le sue radici nel pensiero filosofico del Personalismo cristiano e nella riflessione pedagogica che ne fa Jacques Maritain, una delle massime espressioni ben sviluppata nel testo "Umanesimo integrale".
Altro punto essenziale è la concezione scientifica: il disabile neuropsichico non è un malato, ma è a rischio di sviluppare con frequenza malattie e disturbi. Quindi, la medicina deve essere specializzata ma non speciale, nel senso che riconosce le specificità per ogni disabile dei suoi disturbi (non solo mentali ma anche internistici, neurologici e chirurgici); la qualità di questa medicina, che va implementata in una residenza, è indicata dal monitoraggio del dosaggio dei farmaci e degli esiti. Infine, la concezione organizzativa: una residenza deve avere un atteggiamento costante di ricerca e far parte di un sistema integrato. Quando la famiglia del disabile grave e il contesto comunitario non hanno le sufficienti risorse per interventi mirati, entra in gioco la residenza con il compito specifico di interazione e di relazione.
L'intervista al prof. Stefano Zamagni pone l'accento sul principio di sussidiarietà che è la caratteristica principale del Terzo Settore. La rete che bisogna creare per una più compiuta co-progettazione e co-programmazione tra ente pubblico e Terzo Settore è il cardine su cui imperniare l'azione come viene ribadito anche nella sentenza 131 emanata dalla Corte costituzionale nel 26 giugno 2020. Sentenza rivoluzionaria in quanto è uno spartiacque. Dopo di essa risulta difficile sostenere l'illegittimità degli istituti di amministrazione condivisa; si tratta invece di attuarli al meglio, in coerenza con i principi, ben riaffermati dalla Corte, sui quali essi si poggiano.
Il titolo del volume, La passione del possibile, è stato mutuato da Albert Hischman, economista e pensatore. La passione del possibile per gli autori "è la speranza che alimenta l'organizzazione del Charitas: nessuna condizione di disabilità può essere considerata statica, immutabile, impermeabile alle azioni e alle opportunità offerte dal contesto. Per ognuna è possibile un cambiamento nella direzione dello sviluppo di sé, dell'autodeterminazione, dell'inclusione, della partecipazione alla vita di tutti, dell'amicizia e dell'amore".
In questo volume sono state raccolte anche tre testimonianze che sono presenti nel primo capitolo. Si tratta di Carmela, Alessandra e Piero, i tre ospiti che vivono al Charitas da più tempo, da quando erano bambini. Sono stati intervistati secondo la logica giornalistica conferendo loro la stesssa dignità di personaggi famosi che hanno lasciato il segno nella storia, in linea con la cultura del Charitas.
Secondo gli autori il dato più significativo di queste interviste è la capacità di Carmela, Alessandra e Piero di immaginare per sè stessi un futuro. La loro identità non è stata nel tempo del tutto soffocata.
D'altro canto il segno più vistoso nei loro racconti è il divieto di uscire dal cancello della residenza, simbolo del potere esercitato dal contesto sulla loro vita, finalizzato alla soppressione della possibilità di autodeterminazione.
Carmela, Alessandra e Piero non sono mai stati inclusi nel gruppo dei gravi, ma cooptati in attività funzionali all'organizzazione e precisamente sono stati impegnati nelle mansioni di portinariato. "Non si usciva fuori perchè non si poteva - ricordano i tre - adesso sì perchè è tutto cambiato e si può uscire col pulmino, è diventato tutto più moderno, possiamo andare alla Rotonda o a camminare". Queste parole sono indice del fatto che il Charitas si è impegnato per un'evoluzione in favore degli ospiti che dimostrano anche capacità progettuale. "Io voglio andare a casa di mia zia", dice Carmela. "Io da mia sorella in Sicilia", interviene Piero. "Io voglio andare in montagna", conclude Alessandra. Hanno vissuto al Charitas per tutta la vita, ma non per questo rinunciano a realizzare i loro sogni e a soddisfare i propri desideri.
Marco Cavallo - simbolo della chiusura dei manicomi
...quando amavamo
ci facevano gli elettrochoc
perché, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno...
Versi tratti da "La Terra Santa"
di Alda Merini
Una raccolta di poesie che l'autrice scrisse quando era rinchiusa nel manicomio Paolo Pini, di Milano.
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