a cura di Federico Mascagni
Quello dell’autismo è un ambito che sta ricevendo grande attenzione dai media, per il fatto che molti disturbi prima difficilmente classificabili ora vengono diagnosticati nello spettro dell’autismo e l'incidenza è in continuo aumento. Durante una riunione del Comitato Utenti Familiari e Operatori della Salute Mentale di Bologna (CUFO) tenutasi ad Anzola dell’Emilia, la dottoressa Rita Di Sarro, dirigente medico di psichiatria dell’Ausl di Bologna, ha tracciato le linee di quella che può essere ritenuta a pieno titolo un’emergenza.
“Persino nella nostra zona fino alla metà del 2016 non si aveva idea della complessità e della numerosità che avremmo dovuto affrontare. Ora anche i dirigenti psichiatri hanno dovuto iniziare un percorso di formazione specifica lavorando direttamente “sul campo”.
Vi è stato per fortuna un progressivo cambio di prospettiva, grazie ai progressi nella diagnostica e nella genetica: “L’autismo non può essere approcciato con la terapia della parola, con la psicodinamica, ma deve essere indagato attraverso l’osservazione del comportamento, del linguaggio, della postura.”
La dott.ssa Di Sarro lavora con un team composto da due psicologi e due educatori esperti. Si tratta di personale non assunto dall’Azienda USL di Bologna, ma questo non toglie nulla alla loro disponibilità nel seguire un percorso complesso e impegnativo basato sul continuo scambio di idee e competenze.
“Organizziamo iniziative con le associazioni e con il DSM” racconta la dott.ssa Di Sarro. “Ci confrontiamo con i colleghi delle altre regioni. In particolare per gli adulti con Autismo quello che facciamo è codificato nelle indicazioni del PDTA (I percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali ndr).
Il PDTA è un protocollo specifico che prevede per tutti i 16enni e 18enni la rivalutazione completa, clinica, neuropsicologica e funzionale, finalizzata alla costruzione e condivisione tra Servizi del Progetto Individualizzato. La situazione è invece più difficile per chi ha già una lunga storia di autismo alle spalle. Dal punto di vista epidemiologico siamo in linea rispetto alla letteratura, poichè nella nostra casistica circa un terzo dei casi ha una disabilità intellettiva, un terzo una situazione cognitiva limite e un terzo presenta un funzionamento cognitivo nella norma o superiore. Qusti ultimi pazienti spesso sono stati per lungo tempo in carico al CSM con altre diagnosi (esordio psicotico, ansia, depressione, DOC, etc). A dicembre 2017 erano in carico al CSM 59 persone con diagnosi di autismo, alla fine del 2018 sono diventate 136. La rilevazione di Bologna è comunque ancora molto lontana da quella degli Stati Uniti (uno a 58 o a 68). Le valutazioni in sinergia col CSM hanno la finalità di intervenire anche nell’utilizzo dei farmaci che vengono grandemente utilizzati, a volte senza una indicazione specifica (diagnostica o comportamentale), spesso con stratificazioni e per tempi lunghi. Da ottobre 2018 è stata approcciata in Regione tutta la programmazione sulla residenzialità e semiresidenzialità. Sono previsti vari obiettivi: gestione di situazioni urgenti, raccolta dati sulle strutture, formazione e supervisione.
In ogni azienda è stato richiesto di indicare alcune residenze e una semiresidenze che partecipino ai percorsi di miglioramento. Siamo in partenza per la NBU (Neurobehavioral Unit) di Baltimora, dove terremo una "lecture". Lavoreremo con i colleghi del KKI (Kennedy Krieger Institute) per 15 giorni, avendo in mente di strutturare a Bologna un ambulatorio con interventi comportamentali. Ulteriori tematiche rilevanti sono, per i pazienti con Autismo, le valutazioni per la Commissione patenti, le certificazioni di invalidità dei neo-maggiorenni, l’accesso all’università ed ai concorsi pubblici e privati, le collocazioni al lavoro.
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